Roma Quando a un governo mancano le risorse per realizzare i propri programmi c'è una sola via d'uscita: inasprire il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale. Anche l'esecutivo gialloverde non sfugge, purtroppo, a una prassi foriera di dispiaceri per i contribuenti.
Due settimane fa il ministro pentastellato per i Rapporti con il Parlamento, Riccardo Fraccaro, ha incontrato il sindacato Flp esponendo il proprio programma per migliorare il funzionamento delle agenzie fiscali. L'idea, ha reso noto Flp, sarebbe quella di svolgere controlli ed accertamenti fiscali più qualificati e mirati, mediante l'istituzione di appositi «nuclei investigativi» su base provinciale o regionali, sotto un'unica coordinata regia che raggruppi Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane e Guardia di finanza in modo tale che il soggetto selezionato debba essere assoggettato ad un unico controllo in materia tributaria e contestualmente alle minori incombenze possibili. In sintesi, come ha spiegato ItaliaOggi, l'obiettivo sarebbe affidare alla Guardia di finanza le funzioni di accertamento e controllo in modo tale da avere un coordinamento unico su queste attività. Gli indizi determinanti sono due: la nomina del generale della Finanza, Antonino Maggiore, a nuovo direttore delle Entrate al posto di Ernesto Maria Ruffini e l'anticipazione del nuovo modello organizzativo proveniente da Fraccaro, fedelissimo del vicepremier Luigi Di Maio.
Questa ennesima rivoluzione sarebbe «figlia» del Rapporto Ocse sull'amministrazione fiscale italiana richiesto nel 2015 (e pubblicato l'anno successivo) dall'allora ministro Padoan. Il dossier sottolineava la necessità di «un approccio più strategico alla gestione dell'amministrazione fiscale» indicando tra le problematiche anche «la questione della sovrapposizione dei ruoli tra Entrate e Finanza» nonché le difficoltà nella riscossione. Indicazioni che il governo seguì riportando Equitalia all'interno dell'agenzia del Tesoro. Ora, però, si vorrebbe andare oltre demandando alle Fiamme gialle tutta la questione del controllo, alle Entrate la gestione dei servizi incluso il rapporto con i contribuenti e al ministero la funzione di orientamento e interpretazione.
Un «antipasto» è stato già offerto dal vicepremier Di Maio che ha sempre distinto la necessità di lasciare liberi i «pesci piccoli» (circostanza sottolineata pure dal sottosegretario leghista all'Economia Bitonci) concentrandosi su quelli più grossi. Che cosa potrebbe accadere, dunque? Che la parte produttiva (pmi e professionisti) sottoposta a flat tax avrà più respiro, mentre le armi pesanti (incluse le centinaia di banche dati cui l'amministrazione finanziaria può accedere) sarebbero rivolte verso le soglie reddituali e di fatturato più alte, sopra i 50mila o gli 80mila euro a seconda della soglia fissata dalla tassa piatta.
È realizzabile un simile disegno? Valentino Sempreboni, coordinatore nazionale di Confsal Unsa Salfi (sindacato più rappresentativo alle Entrate assieme a Cgil, Cisl e Uil) è scettico. «Non si possono cambiare le normative e gli indirizzi a breve scadenza perché questo produce un cattivo funzionamento dell'Agenzia, la governance non può essere ostaggio del ciclo politico», spiega ricordando come si sia già dovuta assorbire la fusione di Equitalia senza contare i sei direttori dell'Agenzia che si sono succeduti nell'arco di soli 18 anni.
Sempreboni osserva, inoltre, che «ci sono luoghi deputati a questo confronto» elencando nell'ordine il ministro Tria, il direttore generale delle Finanze Fabrizia Lapecorella e le commissioni Finanze di Camera e Senato. Proprio il titolare del Tesoro sembra essere stato in qualche modo «scavalcato». Senza contare che alle Entrate a fine anno mancheranno 220 dirigenti su 500 previsti dall'organico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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