"Non cambiamo simbolo". Matteo Salvini smentisce l'ipotesi di una rivoluzione in casa leghista. "Non ci sono e non ci saranno congressi. Non cambiamo simboli. L'Alberto da Giussano c'è, la Lega si chiama Lega", ha dichiarato il ministro dell'Interno. Che poi ha aggiunto: "Siamo il partito di riferimento di tutti i movimenti identitari e sovranisti europei. È un momento storico molto bello per l'Italia e per la Lega".
Un retroscena del Corriere della Sera parlava di un cambio del nome del partito, cioè "Lega per Salvini premier" e dell'abbandono della parola "Nord" e del simbolo di Alberto da Giussano.
Tutto in nome del sovranismo. D'altronde, che la Lega da tempo abbracciasse un progetto di ampio respiro, nazionale, non è una novità.
Il 27 gennaio 2014, nel suo primo discorso da neo segretario a Catania, Salvini precisava subito i punti focali del suo programma: "Alle prossime elezioni europee il simbolo della Lega Nord sarà presente in tutta Italia, isole comprese, a partire dalla Sicilia". Il mirino si spostava dal Sud assistenzialista all’Europa ladra.
D'altronde, un anno prima, nel dicembre 2013, al congresso federale di Torino, che lo incoronò nuovo segretario, Salvini iniziò a porre subito, seppur senza strappi netti, le basi del cambiamento. E, davanti ai leader stranieri dei partiti euroscettici (da Marine Le Pen a Wilders, da Strache ai separatisti fiamminghi del Vlaams Belang, dai Democratici svedesi fino ai putiniani di Russia Unita) intonava le prime note del sovranismo. Tutti insieme nella santa allenza contro l’Ue centralista.
Poi il consenso iniziò a
lievitare e Salvini passò dalla felpa alla giacca e cravatta di governo. Adesso c'è un popolo intero da rappresentare. E Salvini lo sa bene. Ma evidentemente, almeno a suo dire, per ora non è il momento di apportare rivoluzioni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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