Berlino L'anno elettorale della Germania è appena iniziato ma il clima politico è in ebollizione. AfD, il partito populista e sovranista che da mesi erode il consenso di quasi tutte le altre formazioni politiche, ha subito una scissione. A destra. È stato Andre Poggenburg, già leader di Alternative für Deutchland nell'orientale Sassonia Anhalt a rompere le righe della formazione xenofoba. Per Poggenburg, esponente della destra più radicale, legato al movimento identitario così come agli anti-islamici di Pegida acronimo per Patrioti europei contro l'islamizzazione dell'Occidente AfD è troppo moderata. Così ha sbattuto la porta per fondare Aufbruch deutscher Patrioten, traducibile come «l risveglio dei patrioti tedeschi».
La scissione sul fianco destro ha colto la dirigenza di AfD impreparata. Fondato nel 2013 da un professore di Economia all'Università di Amburgo, Bernd Lucke, il partito stava discutendo il ritorno al «primo amore», ovvero a quell'agenda euroscettica con cui lo sconosciuto accademico aveva portato la neonata AfD a sfiorare l'ingresso al Bundestag raccogliendo già nel settembre del 2013 il 4,7% dei voti, poco meno della soglia di sbarramento (il 5%) per entrare in Parlamento. In vista dell'appuntamento elettorale del 26 maggio ossia le elezioni europee, le amministrative in molta parte del paese e il rinnovo del Parlamento di Brema, città con lo status di Land federato AfD sta valutando se chiedere agli elettori di sostenere la «Dexit» ovvero l'uscita della Germania dall'Unione europea sulla scia della Brexit. Rompere con l'Ue è un tema dirompente per la Germania moderna, nata e cresciuta nel segno dell'europeismo popolare e socialdemocratico. D'altronde AfD non è nuova a infrangere i tabù: il partito ha fatto parlar di sé per aver il linguaggio violento e politicamente scorretto, e per aver a più riprese fatto capire che è tempo di mettersi alle spalle il senso di colpa tedesco per lo sterminio degli ebrei e per aver incendiato l'Europa 75 anni fa. Temi che evidentemente non appassionano Poggenburg, capace di rubare la scena ad AfD.
Se la sua piattaforma politica non è ancora chiara, nel simbolo del suo nuovo partito ci sarà invece il fiordaliso, simbolo dei nazionalsocialisti austriaci. Poggenburg, in altre parole, rivendica con prepotenza quello che tanti esponenti di AfD negano pur usando termini mutuati direttamente dal vocabolario del Terzo Reich: la nostalgia per la Germania nazista. La sua operazione politica è a doppio taglio: da un lato potrebbe strappare ad AfD i voti più apertamente legati all'ultradestra e in autunno si vota in tre Länder orientali; dall'altro rischia di farsi mettere in fuorigioco dalla Corte Costituzionale laddove i giudici ravvisassero troppa affinità del suo partito con il passato nazista.
Quella di Poggenburg è la terza scissione subita da AfD: nel luglio del 2015, Lucke abbandonò il partito da lui stesso fondato dopo che alla sua guida fu eletta Frauke Petry, considerata una populista. Petry, a sua volta, lascerà AfD due anni dopo in disaccordo con la nuova deriva di destra. Né la nuova formazione fondata da Lucke né quella varata da Petry hanno lasciato il segno.
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