
L'abbraccio fra Bianca, Patrizia e Cristian ce lo ricordiamo tutti. Stretti stretti per stare in piedi in mezzo all'acqua del torrente Natisone che si alzava sempre più velocemente, che tagliava le gambe. E che alla fine li ha trascinati via. Sono stati così per 41 minuti prima di cedere alla corrente. Quarantuno minuti. Ma, nonostante l'allarme e la telefonata per chiedere aiuti, nessuno è arrivato. Quel tempo sarebbe stato invece sufficiente per mandare un elicottero. I tre ragazzi - aveva scritto la Procura di Udine - sono morti per "imperizia, negligenza e imprudenza" dei quattro soccorritori che sono arrivati sul posto (tre vigili del fuoco e un infermiere) e che non sono stati in grado di salvarli.
Ora le famiglie chiedono un risarcimento di 3,7 milioni al Viminale, ammesso che si possa pesare in soldi una morte del genere. La cifra sarebbe un risarcimento per danni patrimoniali e non, biologici e morali da parte delle famiglie Doros, Cormos e Molnar, ovvero i genitori e i fratelli dei tre giovani morti il 31 maggio 2024.
L'avvocato delle famiglie delle vittime, Maurizio Stefanizzi, sta depositando gli atti di costituzione di parte civile nel procedimento penale nei confronti dei tre vigili del fuoco e dell'infermiere della Sores imputati per la morte dei tre giovani. In particolar modo, per la famiglia Cormos viene chiesto un totale di un milione 269mila euro, per la famiglia Doros un milione e 200mila euro, e un milione e 243mila euro per la famiglia Molnar. I quattro imputati hanno optato per il giudizio immediato, saltando l'udienza preliminare. Il primo a presentarsi in aula sarà l'infermiere della Sores, il 17 novembre. Salvo la ancora possibile unione dei due procedimenti, i tre vigili del fuoco dovrebbero comparire in tribunale il prossimo 2 dicembre. I soccorritori dovranno anche rispondere dell'ipotesi di omicidio colposo a livello penale. I ragazzi con tutta probabilità si sarebbero potuti salvare se solo la macchina dei soccorsi avesse funzionato. Invece si è perso tempo, l'elicottero è stato fatto partire da Venezia ed è arrivato tre minuti dopo che la corrente aveva portato via i tre giovani. Gli investigatori certificano che la prima chiamata di richiesta aiuto è stata fatta da una delle vittime alle 13,29, mentre il decesso per annegamento è avvenuto alle 14,10 circa.
Il passaggio chiave dell'inchiesta è quello in cui si accusano, a vario titolo, i tre vigili del fuoco della sala operativa di aver "omesso di visualizzare immediatamente le coordinate del luogo da cui Patrizia Cormos aveva effettuato la telefonata, che era il greto di un fiume; di conseguenza, non hanno compreso che serviva un elicottero".