Ci sono le mail. Imbarazzanti. C'è la lettera, poco edificante, della sindaca. E c'è, soprattutto, la testimonianza puntigliosa di una dirigente del Comune che è andata a raccontare tutto in procura. È un'inchiesta praticamente conclusa quella che si abbatte su Chiara Appendino, sul suo assessore al bilancio Sergio Rolando e sul capo di gabinetto, l'onnipresente Paolo Giordana.
I tre sono indagati per un magheggio da vecchia politica: la mancata contabilizzazione di 5 milioni nel bilancio 2016 con la conseguente accusa di falso ideologico in atto pubblico. Uno scivolone che i pm di Torino ricostruiscono in tutta la sua cronistoria e che costringe Appendino ad un'affannosa rincorsa: il tempo di ricevere l'avviso di garanzia e la sindaca, la giovane e smagliante bocconiana prestata alla new age grillina, la manager e moglie di un imprenditore della Torino bene, corre in procura con i suoi collaboratori per farsi interrogare. Il danno di immagine, un'immagine già incrinata dai fatti di piazza San Carlo, potrebbe essere troppo grande e allora Appendino prova a disinnescare sul nascere polemiche e accuse: «Sono serena, chiariremo tutti gli aspetti».
In realtà, la vicenda è una brutta pagina di cattiva amministrazione, nel tentativo di alleggerire i bilanci comunali dal peso di un debito di 5 milioni di euro. Nel 2012 Ream, una partecipata di Fondazione Crt, acquista il diritto di prelazione sull'area ex Westinghouse dove sorgerà il nuovo centro congressi della città. Nel 2013, però, le ambizioni e i piani di Ream naufragano, perché la zona viene assegnata ad un'altra cordata, l'Amteco Maiora. Alla fine dell'anno scorso, ormai in piena era Cinque Stelle, il progetto viene perfezionato e il Comune incassa una parte dei 19,7 milioni di euro messi sul piatto dai privati. Il credito viene prontamente messo a bilancio, il debito di 5 milioni resta invece in una zona d'ombra.
E non per una dimenticanza. Ai piani alti di Palazzo Civico fanno di tutto per nascondere sotto il tappeto quei soldi e dare ossigeno ai conti traballanti. Il 22 novembre 2016, Giordana scrive una mail assai esplicita ad Anna Tornoni, responsabile finanze del Comune, poi entrata in rotta di collisione con la dirigenza M5s: «Ti pregherei di rifare la nota evidenziando solo le poste per le quali possono essere usati i 19,6 milioni di Westinghouse. Per quanto riguarda il debito con Ream - è il seguito sorprendente - lo escluderei al momento dal ragionamento, in quanto sono aperti con quel soggetto altri tavoli di confronto». E il sindaco ci mette del suo: Il 30 novembre, Appendino, che è in trattativa con Ream per dilazionare il debito che verrà rimborsato solo nel 2018, scrive ad una pluralità di soggetti, fra cui Tornoni e Rolando per chiarire che i 5 milioni non torneranno indietro nel 2016.
I denari non vengono restituiti, ma spariscono pure dalla contabilità ufficiale. Qualcosa non quadra e giunge alle orecchie di Alberto Morano, leader dell'omonima lista civica, e Stefano Lo Russo, capogruppo del Pd, che presentano un esposto a Palazzo di Giustizia. Tornoni vuota il sacco con gli investigatori che acquisiscono molti documenti e ascoltano decine di funzionari e dirigenti.
Oggi l'emersione dell'indagine, in dirittura d'arrivo, e la contromossa di Appendino che nel pomeriggio si precipita nell'ufficio del procuratore aggiunto Marco Gianoglio per raccontare la propria verità: «Ho chiarito, sono a disposizione della magistratura. Sono serena, abbiamo agito nell'interesse dei torinesi», dirà in serata al termine del faccia a faccia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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