Nella Puglia rossa il voto di scambio è soltanto un "peccato veniale"

La Procura di Bari chiede di archiviare 51 elettori che hanno venduto le loro preferenze per 50 euro

Nella Puglia rossa il voto di scambio è soltanto un "peccato veniale"
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Vendere voti? Tutto sommato si può fare. È roba di così poco conto da poter essere derubricata a un reato che, per la "particolare tenuità del fatto" non vale nemmeno la pena di punire. E così per 51 elettori dei comuni di Grumo Appula (36) e Triggiano (15), nel Barese, che secondo la procura di Bari avrebbero venduto per 50 euro le proprie preferenze nelle elezioni del 2019 e del 2020, gli stessi pm hanno chiesto l'archiviazione. A rivelarlo è la Gazzetta del Mezzogiorno.

Ad aprile 2024 l'inchiesta scosse la sinistra pugliese. Finirono ai domiciliari Antonio Donatelli, all'epoca sindaco di Triggiano, e soprattutto Sandrino Cataldo, fondatore di "Sud al Centro" e marito di un'altra indagata, Anita Maurodinoia, allora big del Pd e assessora regionale ai Trasporti nella giunta di Michele Emiliano (nella foto, estraneo all'inchiesta). Per i tre, e per altri 15 indagati (accusati a vario titolo di calunnia, corruzione propria, falso e associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale) la procura di Bari ha chiesto ad aprile scorso il rinvio a giudizio. Il 3 luglio prossimo c'è l'udienza preliminare.

Per i "venditori di voti", invece, gli inquirenti non vogliono il processo. Le toghe baresi sottolineano come "a carico degli indagati emergevano indizi di singoli episodi di vendita del voto", e chiariscono che molti di loro "confermavano di aver ricevuto la somma di cinquanta euro in cambio del voto, così manifestando una resipiscenza rispetto al disvalore delle condotte". Rei confessi, peccatori pentiti. Tanto basta per chiedere la non punibilità per la particolare tenuità del fatto, offrendo a tutti l'ultima parola sta al giudice l'opportunità di ritrovarsi archiviati.

Ma se per la procura la responsabilità della corruzione elettorale ricade tutta sui compratori, che infatti i pm vorrebbero alla sbarra, chi compra il voto ha bisogno di qualcuno che sia disposto a venderlo, e suona anomalo considerare "tenue" una condotta che incide direttamente sul libero esercizio del voto.

Inoltre, l'eventuale archiviazione per gli elettori "infedeli" potrebbe indebolire, sull'altro fronte, le contestazioni rivolte dalla procura di Bari agli organizzatori del sistema di corruzione elettorale. Offrendo loro un'arma inattesa per difendersi, anche se la tenuità del fatto non può applicarsi all'associazione a delinquere. Questo, sempre che la contestazione del reato associativo resista all'udienza preliminare.

Tra le richieste di archiviazione, oltre ai venditori di voti, anche il figlio del sindaco Donatelli (per la procura solo "collaboratore" alla candidatura del padre, e non "concorrente delle condotte

illecite") e due candidati alle elezioni di Triggiano: sarebbero stati agevolati dalla presunta associazione per delinquere ma, per la procura, "non è emerso che gli stessi partecipassero concretamente nelle condotte corruttive".

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