Chiunque vada al governo non avrà vita facile. Matteo Renzi nella intervista ferragostana a Repubblica, tra le altre cose, si è detto certo che l'Italia in giallo-rosso, o comunque un esecutivo alternativo senza la Lega di Matteo Salvini, in Europa riuscirà a strappare più flessibilità sui conti grazie all'appoggio di Francia e Spagna e guadagnerà «spazi di manovra». Peccato che questi spazi non esistano e che il colore del governo su questi temi, dalle parti di Bruxelles pesi solo marginalmente.
Sulla prossima legge di Bilancio pesa già un'ipoteca da 27 miliardi. Sono i 23,1 che serviranno a disinnescare le clausole di salvaguardia che prevedono l'aumento dell'Iva più altre spese inevitabili.
Nei giorni scorsi è circolata, per l'ennesima volta, la speranza che dai conti dell'anno in corso spunti un tesoretto per il 2020. In particolare, le entrate extra provenienti dalla fatturazione elettronica e i risparmi da Quota 100 e reddito di cittadinanza. Una dote che potrebbe arrivare a sei miliardi di euro.
Se un eventuale nuovo governo volesse poi procedere sulla strada tracciata dal ministro dell'Economia Giovanni Tria (ed è difficile pensare che faccia altrimenti), sono già allo studio dei tagli alle agevolazioni fiscali, che potrebbero portare 8 miliardi. La somma copre solo in parte la manovra di partenza per il 2020.
Se poi la speranza è che l'Europa conceda all'Italia di fare più deficit, il rischio è che i piani degli aspiranti premier e ministri falliscano in breve tempo.
Ieri il governatore della Banca centrale finlandese Olli Rehn, membro del board della Bce, ha detto che sono pronte misure di stimolo all'economia già dal mese prossimo. Quindi taglio dei tassi e forse un eventuale nuova edizione del Quantitative easing, l'acquisto da parte della Banca centrale europea di titoli di stato degli stati dell'Euro. Ma nel menu della nuova politica espansiva di Francoforte in realtà non c'è un ritorno a politiche economiche che non tengano conto del rigore. Al contrario, l'obiettivo degli stati membri, secondo Rehn, deve rimanere quello del pareggio di bilancio.
Cattive notizie, quindi, per il partito del deficit che è vasto e trasversale, visto che va dall'attuale maggioranza gialloverde a Matteo Renzi, principale fautore di una nuova coalizione formata da democratici e cinque stelle.
Il nuovo governo dovrà trovare spazi di bilancio tagliando le spese. E l'andamento dell'economia complicherà le cose. «La crescita del Pil italiano dovrebbe infatti essere pari a zero nel 2019, o addirittura negativa, con effetti negativi su deficit e debito. Di conseguenza, la prossima Legge di Bilancio sarà ancora più difficile da scrivere», ha spiegato ieri Renato Brunetta di Forza Italia.
L'unica flessibilità che l'Italia potrebbe ottenere alla luce della situazione politica complicata (sempre che la crisi non rientri) è sul calendario. La prossima tappa è vicina: il 27 settembre il governo dovrà presentare la nota di aggiornamento al Def, quindi le nuove stime di crescita (riviste al ribasso) e il peso in termini di finanze pubbliche delle scelte che saranno incluse nella legge di Bilancio.
Poi il 15 ottobre il Documento programmatico di bilancio, infine l'articolato della legge di Bilancio entro il 20 ottobre. Scadenze non perentorie, a differenza dell'impegno a ridurre il deficit e il debito pubblico. Impegni che non hanno colore.
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