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Nessuno vuole il voto anticipato L'amo di Salvini cade nel vuoto

Nessuno vuole il voto anticipato L'amo di Salvini cade nel vuoto

Comitato di «salvezza nazionale»? No, grazie. Nessuno, nella maggioranza, sembra intenzionato ad abboccare all'amo di Salvini. Il più sprezzante, come succede dopo i divorzi drammatici, è il suo ex Gigino Di Maio, che in partenza per la Libia (sempre che riesca a trovarla) liquida così l'offerta leghista: «Salvini è un nostalgico del governo, ma parla al vento. Al governo c'era, lo ha buttato giù e ora tenta solo di non sparire».

Nella maggioranza, la proposta rilanciata anche ieri di sedersi tutti insieme ad un «tavolo» per affrontare le «cinque emergenze» (dalla giustizia all'economia, stranamente la questione immigrazione per Salvini è sparita dalla lista di priorità) e «riscrivere le regole», ossia la legge elettorale, incontra solo diffidenze e ironie. Una boutade dettata solo dalla urgenza di rubare un po' di scena alle odiate sardine, accusano in molti. «Salvini ha paura di perdere in Emilia: dopo averci investito così tanto, sarebbe una sberla, e la vittoria di Bonaccini blinderebbe il governo», dicono al Nazareno. «È tutto finalizzato ad avere le elezioni in fretta, e a tentare di imbarcare un po' transfughi», assicurano i renziani di Italia viva. Sarcasmo anche sull'ulteriore passo del leghista Giorgetti, che si spinge a candidare Draghi a premier di un governo bipartisan con centrodestra, Pd e Cinque stelle: il dem Enrico Borghi si rivolge al suo omonimo Claudio, chiassoso no-euro leghista, chiedendogli: «Draghi premier? Quindi ora l'euro va bene, whatever it takes?».

I dietrologi più raffinati leggono la svolta dialogante di Salvini come un segnale rassicurante alla Consulta, che a metà gennaio deve pronunciarsi sul referendum pro-maggioritario della Lega, per convincerla a dare via libera al quesito. Al capo della Lega è chiaro che la maggioranza non ha fretta di varare la nuova legge elettorale: non c'è alcun accordo interno, Renzi ha stoppato l'accordo tra il Pd Orlando e Giorgetti (sistema spagnolo in cambio di elezioni subito), Leu boicotta ogni tipo di sbarramento. Con la sessione di bilancio aperta, parlare di legge elettorale rischia di provocare solo fibrillazioni e lo stesso Conte ha chiesto di frenare, onde portare a casa la pelle. Ma l'ostacolo principale all'approvazione di nuove regole sono i parlamentari. Tutti, di maggioranza e di opposizione: è chiaro che l'approvazione di una legge elettorale aprirebbe la strada alle elezioni anticipate. Quindi, spiega uno dei dirigenti dem che seguono la trattativa, «qualsiasi testo venisse mandato in aula sarebbe affondato dai franchi tiratori, che non vogliono la fine della legislatura». Tanto più che a Montecitorio, per astrusi meccanismi regolamentari, si vota a scrutinio segreto: una pacchia per chi volesse impallinare l'accordo eventualmente raggiunto dai partiti.

A meno che la Corte costituzionale non dia via libera al referendum salviniano, insomma, di legge elettorale si parlerà più tardi possibile.

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