
Netanyahu nega, Trump lo smentisce, pur rimanendo al fianco di Israele. Il primo si difende dalla valanga di accuse sul disastro umanitario nella Striscia: "Non c'è alcuna politica della fame a Gaza e non c'è fame a Gaza", dice il primo ministro israeliano da Gerusalemme. Il secondo non vuole ignorare il dramma che è sotto gli occhi del mondo e si dice "non particolarmente d'accordo" con Bibi: "Da quello che vedo in tv, quei bambini sembrano veramente affamati. C'è una fame vera", commenta dalla Scozia il presidente americano. Che ammette: "Possiamo salvare molte persone". Fino all'annuncio: "Metteremo in piedi dei centri alimentari dove la gente potrà entrare liberamente, senza limiti. Non ci saranno recinzioni".
Il capo della Casa Bianca non fornisce dettagli sugli organismi a cui sarà affidata la gestione dei centri né quando verranno aperti, ma la conclusione è che Washington "non può permettere che si muoia di fame a Gaza" e l'impressione è che il leader statunitense abbia ormai consapevolezza che i centri di distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation - di fatto militarizzati e intorno ai quali sono morti altri 23 palestinesi ieri, oltre mille in due mesi - siano stati un flop.
Nonostante il secondo giorno di "pausa umanitaria" ieri nella Striscia, l'ingresso di 120 camion nel primo e il lancio di venti pacchi dal cielo ieri, la comunità internazionale continua a chiedere a Israele di fare di più. Servirebbero quotidianamente mille camion. Perché a Gaza si continua a morire di malnutrizione. Secondo il ministero della Salute controllato da Hamas, altre 14 persone sono morte di fame in 24 ore. In totale 147 da inizio conflitto, fra cui 88 bambini. Con circa 60 persone uccise in giornata, il totale delle vittime sfiora le 60mila.
Il primo ministro Keir Starmer, anche lui alla corte di "Re" Trump al golf club scozzese di Turnberry dopo aver richiamato il governo dalla pausa estiva per Gaza, denuncia una "catastrofe tremenda" nella Striscia, e annuncia per i prossimi giorni un piano di pace da presentare agli alleati internazionali, compresi Stati Uniti e Paesi arabi, che comprenda il riconoscimento dello Stato palestinese. Le Nazioni Unite insistono: la mossa di apertura del governo Netanyahu è ancora "una goccia nell'oceano" e "i prossimi giorni saranno decisivi". Il segretario generale Antonio Guterres accusa la comunità internazionale di "inazione e mancanza di compassione" su Gaza. Trump ammette che "Israele ha una grande responsabilità per il flusso degli aiuti", ma anche che Hamas ruba i pacchi umanitari, oltre che ostacolare la liberazione degli ostaggi, sulla quale sia lui che Netanyahu stanno valutando "vari piani".
Le cancellerie, intanto, cominciano a muoversi. Il governo tedesco, in cooperazione con la Giordania, stabilirà subito un ponte aereo per gli aiuti a Gaza. La Spagna lancerà dal cielo 12 tonnellate di cibo venerdì. La Commissione europea propone di sospendere parzialmente la partecipazione di Israele a Horizon Europe, il programma Ue che finanzia la ricerca.
Anche in Israele cresce il malumore per la linea Netanyahu. Con parole durissime, le due più importanti organizzazioni per i diritti umani del Paese, B'Tselem e Medici per i diritti umani, hanno denunciato "il regime genocida in Israele che lavora per distruggere la società palestinese a Gaza". "Vediamo attacchi chiari e intenzionali sui civili per distruggere un gruppo", dichiara la direttrice di B'Tselem, Yuli Novak, ammettendo "profondo dolore" per quanto sta succedendo.
A dar voce all'ala dura del governo israeliano è sempre il
ministro della Sicurezza nazionale israeliano, Itamar Ben-Gvir, secondo cui l'unica cosa da inviare a Gaza "sono le bombe e i bombardamenti aerei, l'occupazione, l'incoraggiamento all'emigrazione e la vittoria in guerra".