Maggioranza in fibrillazione: tutti i rischi del voto sull'Ucraina

La maggioranza cerca di trovare la quadra sul testo della risoluzione sul conflitto in Ucraina in vista del voto della prossima settimana. Da Kiev chiedono nuovi aiuti, ma il M5S insiste: "Basta con la diplomazia delle armi"

Maggioranza in fibrillazione: tutti i rischi del voto sull'Ucraina

La parola "pace" fa scoppiare una nuova guerra all’interno dei partiti di governo. Le tensioni emerse durante il vertice di oggi sulla riforma del Csm potrebbero essere solo l’anticipo di un nuovo scontro: quello sulla risoluzione di maggioranza sul conflitto in Ucraina. Draghi, che secondo le indiscrezioni potrebbe volare a Kiev giovedì prossimo, assieme al cancelliere tedesco Olaf Scholz e al presidente francese Emmanuel Macron, è atteso il 21 giugno in Senato, dove, in vista del prossimo Consiglio europeo, si voterà la risoluzione sulle comunicazioni del premier. Un passaggio che una settimana fa il ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, definiva "rischioso".

Oggi la situazione non è cambiata. I corridoi del Senato, martedì mattina, sono semi-vuoti, ma la calma è soltanto apparente. Negli uffici si lavora per costruire ponti e spegnere incendi che potrebbero mettere in crisi l’esecutivo. All’interno del Pd, che è chiamato a redigere il testo, a cui sta lavorando il senatore Dem Dario Stefàno, presidente della commissione Politiche dell'Unione europea, le bocche sono cucite. "Gli ucraini vogliono armi per resistere e chiedono che spetti a loro decidere il proprio futuro", dice al Giornale.it Pier Ferdinando Casini che, con i colleghi della commissione Esteri e Affari Europei, oggi ha partecipato all’audizione dei membri del parlamento di Kiev. "Il popolo russo non è nostro nemico, anche se le malefatte dell’esercito di Mosca sono innegabili. Ma il cessate il fuoco e la pace – va avanti - devono essere secondo le condizioni dell’Ucraina".

Sul voto della prossima settimana, però, glissa. Segno che un accordo tra chi invoca la fine delle ostilità e chi chiede che quella stessa "pace" sia, per dirla con le parole del premier Draghi, "la pace che vuole l’Ucraina" ancora non c’è. Ieri da via Bellerio il leader della Lega, Matteo Salvini, ha detto che il partito sta lavorando per "una risoluzione comune con gli altri partiti della maggioranza" che abbia "al centro la pace". "Pace" e "cessate il fuoco" sono le parole su cui insiste anche il Movimento 5 Stelle. "Chiederemo di inserire nella risoluzione un chiaro impegno al governo affinché presenti in Consiglio europeo l'esigenza di un impegno forte e unitario dell'Ue sul piano diplomatico per giungere al più presto a un cessate il fuoco che apra finalmente una prospettiva di pace", ci spiega il capogruppo in commissione Esteri, Gianluca Ferrara.

"Vogliamo che questa guerra finisca il prima possibile, - ribadisce - non solo per il popolo ucraino che sta subendo sofferenze inenarrabili, ma anche per quello italiano ed europeo, che rischia di pagare conseguenze drammatiche dal prolungamento di questo conflitto". "L'azione del governo deve essere funzionale a un'escalation diplomatica e non più a un'escalation militare. Dopo tre mesi e mezzo di guerra è ora di passare dalla diplomazia delle armi alle armi della diplomazia", conclude il senatore che auspica una convergenza della maggioranza sulle posizioni del Movimento. Posizioni che però sono lontane da quelle di Palazzo Chigi e considerate irricevibili da alcuni, perché rischiano di risultare troppo indulgenti con una delle due parti in conflitto. Se passasse questa linea, insomma, l’Italia si presenterebbe in Europa come l’anello debole del fronte schierato a sostegno di Kiev.

Sul piano interno, invece, l’obiettivo è soprattutto quello di evitare incidenti in Aula. Secondo fonti del Giornale.it domani sarebbe in programma un vertice informale della maggioranza proprio per arrivare ad un compromesso. Nel frattempo, vanno avanti le riunioni: vere e proprie "camere di contenimento" per disinnescare i conflitti interni.

Si lavora sulle parole per cercare di trovare una soluzione condivisa da tutti. E alla fine, mormora qualcuno, è possibile che il Movimento, diviso tra l’ala governista e quella "contiana", possa arrivare a più miti consigli, anche per effetto della débacle elettorale.

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