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Il Nobel della scuola a un maestro indiano. Tra i 10 finalisti c'era anche un prof italiano

La Varkey Foundation ogni anno mette a disposizione un milione di dollari. Il vincitore ha voluto condividere il premio con i colleghi

Il Nobel della scuola a un maestro indiano. Tra i 10 finalisti c'era anche un prof italiano

Se l'è aggiudicato Ranjit Disale, maestro di scuola elementare in India, il Global Teacher Prize, premio da un milione di dollari messo a disposizione ogni anno dalla Varkey Foundation per un docente speciale. E Disale ha avuto parecchi motivi per meritare quello che ormai è diventato il Nobel degli insegnanti. Quando è arrivato alla scuola di Zilla Parishad nel 2009, ha trovato un edificio fatiscente, schiacciato tra un capannone per il bestiame e un magazzino. La maggior parte delle ragazze proveniva da comunità tribali, poche andavano a scuola e il matrimonio adolescenziale era la norma. Oggi, grazie a lui, non succede più. Le ragazze corrono per andare a lezione, molte di loro si sono laureate e la sua scuola è una delle migliori del paese. Disale ieri, ha voluto condividere metà della cifra ricevuta con gli altri 9 finalisti. Tra loro quest'anno, per la prima volta, anche un italiano. Selezionato tra le 12mila candidature provenienti da 140 paesi, Carlo Mazzone, insegna informatica all'istituto tecnico industriale Lucarelli di Benevento. In cattedra dal 2004, attualmente è un prof da nobel per 84 ragazzi e ragazze, «tutti straordinari», dice lui che per diventare insegnante, ha rinunciato a un contratto a tempo indeterminato in azienda dove era sviluppatore softaware e sistemista. Cosa ci farà con questo gruzzolo di 55mila dollari? Mazzone non ha dubbi: serviranno per combattere la dispersione scolastica «per non lasciare indietro nessuno. La dispersione c'è sempre stata, specie in alcune zone - spiega - ma adesso ce n'è una nuova, quella digitale. Quando insegno cerco sempre di buttare un occhio all'ultimo banco, perchè riuscire a recuperare quelli che normalmente si nascondono, che hanno difficoltà a interagire con i docenti, è la cosa che dà più soddifazione. Adesso c'è un nuovo tipo di ultimo banco nella didattica a distanza, fatto dalle telecamere spente, dalle icone che si accomodano nella parte bassa dello schermo». Lui vuole arrivare lì. Contribuendo all'acquisto degli strumenti attualmente indispensabli che non tutti possono permettersi ma anche sostenere i ragazzi nell'uso corretto «perchè non tutti si trovano in famiglie che possano aiutarli». Il suo obiettivo è insegnare che «ci si può divertire lavorando». Per farli diventare «prima di tutto cittadini, persone consapevoli delle loro potenzialità. Poi farli diventare «motori di se stessi». Se gli chiedi cosa pensa che lo abbia reso così speciale da arrivare ad essere considerato uno dei 10 prof più eccezionali al mondo, lui ti parla di quanto sia importante «riportare in classe il mondo reale», racconta delle start up che i suoi ragazzi hanno realizzato, della collaborazione con Junior achievement, dei premi vinti dalle sue classi, del suo «vivariumware», quel mix tra latino e inglese che trasforma i suoi ragazzi in «materiale da vivaio», per creare nuove imprese dove lui non è più il prof da cui fuggire, ma «un riferimento, una guida, un mentore e anche un amico». Così è successo ad esempio con Farm Animal Trade, start up nata sui banchi e che diventerà un'impresa, con un portale web di compravendita di animali di allevamento. «Stiamo cercando di creare un circuito virtuoso per far si che la scuola esca dai banchi e entri nel mondo reale». Poi vabbè, usa la parola magica, quella che fa sempre la differenza quando ti siedi in cattedra: passione. «Docenti appassionati - dice - creano studenti appassionati. È un po' come il sorriso, che è contagioso, così i ragazzi si specchiano nella nostra passione». Forse dice «sono un idealista. Ma quello che facciamo noi insegnanti non è un lavoro normale. Oggi i ragazzi hanno bisogno di essere ascoltati. Dobbiamo cercare di capire qual è il loro linguaggio per coinvolgerli nelle attività importanti per il loro futuro».

E ora? «Ora spero semplicemente di meritare tutto questo, continuando a fare il mio lavoro come ho sempre ho fatto».

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