Mentre spuntano ovunque piani per rendere un po' più flessibili i requisiti per il pensionamento, rischia di scomparire opzione donna, l'unica flessibilità «sostenibile» che è già legge. La motivazione è di stampo troika, nel senso che si cerca di fare cassa con la previdenza, come nei paesi in default . In ballo di sono circa 1,3 miliardi che erano stati stanziati, ma non sono stati utilizzati.
La vicenda è stata tenuta un po' in sordina. «Palazzo Chigi in questo momento ha altro per la testa, ma prima o poi il tema rispunterà fuori», spiega un esponente del governo. Riguarda migliaia di donne che lavorano. Quelle «nonne che potrebbero godersi il nipotino», in cambio di una riduzione volontaria della pensione, come spiegò il premier Matteo Renzi poco tempo fa. Senza però fare seguire i fatti alle parole. Perché quella scelta è già disponibile, sia pure per una sperimentazione. Tutti vorrebbero prorogarla, ma a resistere pare sia proprio palazzo Chigi, per una volta d'accordo con la Ragioneria generale dello Stato.
L'opzione donna nasce nel 2004 con il secondo governo Berlusconi, ministro Roberto Maroni. Consente alle donne di ottenere la pensione prima del tempo: 57 anni (58 per le autonome) e 35 di contributi, a patto che accettino il calcolo dell'assegno con il metodo contributivo. Si tratta di un taglio, tra il 25 e il 30%, ma è una scelta volontaria allo scopo di dare una chance in più alle donne che hanno storie contributive più discontinue di quelle degli uomini e i cui requisiti per il ritiro non sono più così vantaggiosi come nei decenni passati. Per la sperimentazione furono stanziati due miliardi di euro. «Di questi mi risulta siano stati spesi solo 321 milioni», spiega Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro ed esponente Pd. Ne erano stati stanziati un miliardo e 684 milioni. Alla fine della sperimentazione, insomma, il Tesoro si ritroverà con un mini tesoretto, che in molti vorrebbero però utilizzare per confermare la misura.
La legge prevede che abbiano diritto all'opzione tutte le lavoratrici che abbiano maturato i requisiti entro il 2015. L'Inps in seguito ha dato un'interpretazione più restrittiva che mette nel conto della scadenza anche la finestra di pensionamento e ha come effetto concreto l'esclusione di chi non ha maturato età e contribuzione entro l'agosto del 2014. Sono circa settemila pensionande che hanno fatto richiesta ma sono state tagliate fuori. In questo momento sono in attesa di una parola definitiva che le escluda o includa. I soldi potrebbero essere utilizzati per una conferma della sperimentazione anche per i prossimi anni. Le richieste sono cresciute: dalle 1.377 pensioni liquidate nel 2011 si è passate alle 11.527 del 2014. Ma dal governo arrivano segnali contrastanti. D'accordo con la proroga il ministero del Lavoro guidato da Giuliano Poletti, D'accordo Tito Boeri presidente dell'Inps. Resta lo scoglio Ragioneria e Palazzo Chigi. La prima fa il suo mestiere, cercando di recuperare risorse. Il secondo, invece - spiega un esponente di maggioranza - probabilmente spera di usare quei soldi in altro modo, mettendo le donne dentro il calderone della riforma che verrà.
Intanto continua a fare discutere la proposta del presidente dell'Inps. Falso che ci sarà un taglio del 30%, ha spiegato Boeri. «Non prevediamo alcuna riduzione dell'importo nominale delle pensioni, nessuna delle nostre proposte comporta una riduzione nominale dell'ammontare, anche delle pensioni più elevate».
Il senso è: se i lavoratori attuali e pensionati futuri accetteranno di restare più a lungo, potranno contare su pensioni pari a quelle di oggi. Peccato che le carriere dei lavoratori, oggi, sono molto discontinue e quindi la contribuzioni sono più povere. Sarà difficile trovare aziende disposte a tenere i dipendenti fino alla soglia dei 70 anni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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