Se anche, per qualche miracolo, ai Tar non arrivasse più neanche un ricorso, ci vorrebbero tre anni per smaltire l'arretrato: una montagna di 250mila processi pendenti davanti alla giustizia amministrativa italiana. Se la Banca Centrale Europea, che nei giorni scorsi ha collocato la giustizia italiana all'ultimo posto tra quelle del vecchio continente, avesse esaminato anche le statistiche dei processi davanti ai Tribunali amministrativi regionali, forse ci avrebbe inserito direttamente nelle classifiche del terzo mondo.
Come è possibile?
«In Italia - spiega Antonio Vinciguerra, presidente del Tar di Catania - esiste una struttura amministrativa sterminata tra amministrazioni dello Stato, enti locali e altri enti pubblici, che produce un contenzioso elevatissimo. A gestirlo sa quanti magistrati ci sono? Trecento, sulla carta. Se si potessero dividere le 242mila cause pendenti tra i magistrati in organico, raddoppiando gli attuali limiti di carico individuali ci vorrebbero più di tre anni per smaltire l'arretrato. In realtà i magistrati sono molti di meno di trecento, perché i pensionati non vengono sostituiti».
Forse informatizzando il processo si riuscirebbe ad alzare la produttività pro capite.
«L'obiettivo è quello. Ma il processo amministrativo digitale doveva entrare in vigore, secondo la normativa, al primo gennaio di quest'anno, ma è stato rinviato una prima volta al primo luglio e ora al primo gennaio del 2017. Intanto l'arretrato continua a salire. Come unico provvedimento si sono soppresse una lunga serie di sezioni distaccate, come quella di Catania che in realtà è un tribunale vero e proprio visto che copre cinque province su nove, con 2,6 milioni di abitanti e 42mila cause pendenti»
Come è possibile che un singolo tribunale riesca ad accumulare un arretrato simile?
«In effetti c'è solo un Tar che ha un numero di cause pendenti più alto di Catania, ed è quello di Roma dove ci sono 63mila cause arretrate. Certo, Roma è grande. Ma al Tar di Roma lavorano 50 magistrati. Noi invece dovremmo essere 25, in realtà siamo 16. Anzi, 15, perché l'ultimo arrivato lo hanno mandato provvisoriamente a Venezia. Ma a Venezia hanno 7.500 cause pendenti, cioè praticamente non hanno arretrati. Allora che senso ha mandare un giudice lì togliendolo a Catania? Ma paghiamo anche le conseguenze di una situazione logistica del tutto inadeguata. Avevamo trovato un nuova sede, avremmo risparmiato centomila euro all'anno sulla sede attuale. Ci hanno detto che il risparmio era troppo esiguo. La conseguenza è che siamo ancora nella vecchia sede, e continuiamo a pagare centomila euro in più».
Non sempre le decisioni dei Tar sono trasparenti. Si parla di conflitti di interessi, di frapporti preferenziali tra giudici e avvocati.
«Io ritengo fondamentale fornire garanzie di imparzialità che possano rassicurare i cittadini che si rivolgono ai Tar per ottenere giustizia. Per questo uno dei primi atti che ho compiuto dopo il mio insediamento come presidente della sede di Catania è stato di rivedere la composizione delle quattro sezioni interne, nel senso di garantire l'imparzialità non solo nell'immagine.
Ho avuto cura di distribuire tra le sezioni i magistrati in modo che ciascuno di essi si trovi ad operare in una sezione in cui non siano presenti in modo costante amministrazioni dalle quali il giudice o i suoi familiari prossimi abbiano ricevuto incarichi retribuiti. Per questo provvedimento ho avuto qualche lamentela, ma sono convinto che è la strada giusta».
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