"Noi pronti a combattere". Xi minaccia, Taiwan trema

Cresce la tensione tra la Cina e l'isola, che ieri ha rilevato 12 navi da guerra e 91 aerei da caccia

"Noi pronti a combattere". Xi minaccia, Taiwan trema

Dal Mar Nero all'Oceano Pacifico. Dall'Ucraina a Taiwan. Da una guerra in corso a un conflitto che appare sempre più prossimo. La Cina alza il tiro nel Pacifico e minaccia lo scontro militare con Taiwan, nel nome della riunificazione, anche con la forza, proprio mentre tenta di accreditarsi come unica possibile mediatrice per la pace tra Russia e Ucraina. Come se tre giorni di esercitazioni militari cinesi attorno all'isola non fossero stati abbastanza, come se non bastasse l'accerchiamento di Taiwan con 12 navi da guerra e 91 jet cinesi rilevati tra lunedì e martedì, il presidente Xi Jinping ha fatto appello alle Forze Armate e chiesto, dopo un'ispezione al Comando navale del teatro meridionale dell'Esercito, di «rafforzare l'addestramento militare al fine di combattimenti veri». Il portavoce dell'Ufficio cinese per gli affari di Taiwan, Zhu Fenglian, ha spiegato: «Non lasceremo spazio ad alcuna attività separatista dell'isola».

È la conferma di quanto anticipato dal ministro degli Esteri di Taiwan poco prima: la Cina «sembra stia provando a tenersi pronta a scatenare la guerra» contro di noi, ha dichiarato alla Cnn Joseph Wu. L'isola, a sua volta, «deve tenersi pronta», ha aggiunto il ministro, sia che l'ordine di attacco di Xi sia fissato per il 2027, come trapelato da fonti di intelligence americana, sia che avvenga prima, come fanno temere gli ultimi sviluppi. La presidente Tsai Ing-we, che con la sua tappa a Los Angeles ha fatto imbufalire la Cina, ribadisce: «Taiwan è determinata a salvaguardare libertà e democrazia». Intanto il partito di governo, il Ppd, candida a succederle, per il 2024, il suo vice, Lai Ching-Te, fan ancora più convinto dell'indipendenza.

Ad aggiungere preoccupazione è arrivata anche la notizia della volontà di Pechino di imporre una no-fly zone a 85 miglia nautiche a nord dell'isola, in un'area «in cui convergono molte rotte internazionali», hanno spiegato da Taipei. E per di più dal 16 al 18 aprile, proprio mentre i ministri degli Esteri dei Paesi del G7 si ritroveranno, a Karuizawa, in Giappone. Per Taiwan, la decisione sembra da ricollegare ad «attività aerospaziali», relative al lancio di satelliti. E solo dopo un intenso lavoro, tra diplomazia, intelligence e aviazione civile - per evitare l'impatto sul 60%-70% dei voli tra nord-est e sud-est dell'Asia, e fra Taiwan, Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti - Pechino ha ridotto la no-fly zone a soli 27 minuti, domenica.

L'escalation è nei fatti e nelle dichiarazioni, con Pechino ringalluzzita dalla visita di Emmanuel Macron, definita «un successo» dal portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbi. La Cina è entusiasta delle «ottime idee» del leader francese: l'invito, ribadito ieri all'Ue, perché non sia «vassalla» degli Stati Uniti. Per placare le polemiche, Macron ha voluto precisare ieri dall'Olanda di essere «per lo status quo» su Taiwan e per una «soluzione pacifica». Resta da vedere cosa accadrà con la visita in Cina, che si apre oggi, della ministra degli Esteri tedesca, Annalena Baerbock, che si è detta «molto preoccupata» e ha invitato tutti a una de-escalation, criticando anche le «minacciose» esercitazioni cinesi. In Cina fino a sabato, Baerbock si recherà poi in Corea del Sud e Giappone. Tokyo, dal canto suo, cerca relazioni bilaterali «costruttive e stabili» con Pechino e ha proposto colloqui telefonici tra i leader Fumio Kishida e Xi.

Chi, invece, spinge al massimo l'alleanza con gli Usa sono le Filippine che, dopo la concessione di 4 nuove basi militari americane sul proprio territorio, a scopo di «deterrenza» anti-cinese, hanno annunciato con Washington la pianificazione di attività marittime nel Mar Cinese Meridionale, insieme ad altri Paesi nei prossimi mesi. Pechino è stizzita: «Affidandosi ciecamente a forze esterne non solo non riusciranno a mantenere la propria sicurezza, ma aggraveranno le tensioni, spingendosi da soli verso il disastro».

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