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"Non è affatto vero che i migranti ci pagano le pensioni"

Gian Carlo Blangiard, demografo e professore all' Università Bicocca di Milano, smonta la bugia buonista sulle pensioni e i migranti

Foto di archivio
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Non è tutto oro quel che luccica. E non è sempre così vero che "i migranti ci pagano le pensioni". Il classico ritornello buonista che vuole tutti gli stranieri alacremente impegnati per pagarci il riposo dopo il lavoro, non trova d'accordo tutti gli studiosi. Non si allinea a questa posizione Gian Carlo Blangiard, demografo e professore all' Università Bicocca di Milano. Secondo cui "tutto questo discorso potrebbe economicamente avere un senso, solo immaginando che gli immigrati alla fine mollino tutto e se ne vadano via, lasciandoci i contributi in via definitiva. Ma non è così".

Il professore ha analizzato i dati, spiegando per quale motivo bisogna smetterla di dire che gli immigrati ci pagano le pensioni. "Nel nostro sistema pensionistico, quando paghi hai dei diritti e un giorno dovrai ricevere ciò che hai versato. Nel bilancio complessivo c'è sempre questa brutta tendenza a considerare i versamenti previdenziali come se fossero lasciati in via definitiva al bilancio statale o comunque dell' Inps. Non è affatto così".

In sostanza gli stranieri sarebbero una miniera d'oro solo se lavorassero qui tutta la vita e poi, arrivati all'età della pensione, se ne tornassero nel loro Paese senza chiedere all'Inps nemmeno un euro. Cosa che, ovviamente, non accadade. "Peraltro - spiega il professore - se vanno via, le norme sono tali per cui avranno diritto a riceverla, ovunque siano andati. E comunque, non se ne vanno . Non c' è nessuna evidenza empirica di soggetti che tornano a casa una volta diventati anziani".

Blangiard ha provato a fare una stima. "Nell' arco di dieci anni, circa 2 milioni di stranieri diventeranno italiani. Questi, se tornano a casa loro, è solo per le vacanze. Non possiamo e pensare che questa gente a un certo punto se ne vada lasciandoci i contributi". Chiaro. Il conto economico, quindi, alla fine sarà in pareggio, se non negativo. "Se togliamo di mezzo il contributo previdenziale - conclide il professore - e non lo consideriamo come un regalo, ma semplicemente come un prestito, come deve essere, allora la differenza tra quanto danno e quanto ricevono è negativa. Ricevono non tantissimo, ma un po' di più rispetto a quello che danno. Questo è un dato di fatto. Il prestito che loro ci fanno è utile dal punto di vista della cassa, cioè per pagare le pensioni oggi.

Ma i conti torneranno quando sarà il momento a nostra volta di pagare le loro di pensioni".

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