Non bastano i fondi dell'Ue: la Polonia diventa anti Europa

Ha sorpreso l'elezione del populista Duda a presidente della Repubblica Varsavia ha tratto grandi vantaggi economici dai finanziamenti di Bruxelles

Non bastano i fondi dell'Ue: la Polonia diventa anti Europa

Ogni Paese reagisce alla crisi europea a suo modo: chi, come Grecia e Spagna, si sposta a sinistra, chi, come la Polonia, boccia un presidente della Repubblica moderato come Bronislaw Komarowski per eleggerne uno ancora più di destra: il giovane nazional-populista Andrey Duda, fino a ieri eurodeputato membro della «Alleanza dei conservatori e riformisti» capeggiata dai Tory britannici, in cui è entrato pochi giorni fa anche Raffaele Fitto. Se fossimo in Francia, dove è il presidente a dettare la politica estera, saremmo di fronte a una svolta inquietante in senso antieuropeo; a Varsavia, dove il capo dello Stato ha poteri limitati e non può (almeno in teoria) interferire con l'azione di governo, si tratta soprattutto di un segnale d'allarme in vista delle elezioni politiche in programma in autunno. Nel caso di una conferma delle tendenze emerse domenica, il Partito Diritto e Giustizia fondato dai gemelli Kaczynski (uno, allora presidente della Repubblica, morì nel 2010 in un ancora misterioso incidente aereo in Russia) di cui Duda fa parte potrebbe infatti superare i liberali di Piattaforma civica (PO), che pure negli ultimi sette anni hanno gestito con perizia la crisi economica e assicurato al Paese una prosperità senza precedenti. Ma la recente nomina del carismatico ex primo ministro Donald Tusk a presidente del Consiglio europeo e la sua sostituzione con Ewa Kopacz ha indebolito l'immagine di PO, fatto emergere le crescenti diseguaglianze tra ricchi e poveri e permesso a Duda di cavalcare la rabbia dei gioveni disoccupati e sostenere che «il Paese è in rovina e ci vuole una svolta per ricostruirlo».

Diritto e Giustizia, il partito del nuovo capo dello Stato, rappresenta la parte più cattolica, conservatrice e nazionalista dell'elettorato, ancora legato a vecchie tradizioni. È forte soprattutto nelle campagne e nella Polonia orientale, più lontana dall'Europa e più vicina al resto del mondo slavo. È contrario all'ingresso nell'Euro e alla cessione di ulteriori poteri a Bruxelles ma senza lasciare la Ue, contrario all'aborto, alle nozze gay e perfino alla fecondazione in vitro (oggetto di una dura polemica in campagna elettorale). Ha l'appoggio incondizionato di Radio Mariya, la influentissima trasmittente che fa capo alla Chiesa, ma quando è stato al governo, fino al 2007, non ha attuato una politica veramente reazionaria e ha mantenuto rapporti corretti con Bruxelles. Comunque, se anche in autunno prevalesse sul PO, e il superstite dei fratelli Kaczynski, oggi sessantacinquenne, diventasse primo ministro, ci sarebbe il rischio di una svolta autoritaria, simile a quelle che l'Ungheria sta sperimentando sotto Viktor Urban.

La svolta euroscettica rappresentata dalla vittoria di Duda è sotto molti aspetti sorprendente, perché la Polonia ha tratto grandi vantaggi dall'adesione alla Ue, ricevendo (e ben sfruttando) molti miliardi di fondi strutturali e stringendo proficui rapporti, non solo economici, con la vicina Germania. Molti suoi cittadini hanno approfittato della libertà di movimento garantita dall'Unione per andare a lavorare nella stessa Repubblica federale, in Francia e in Gran Bretagna e hanno contribuito con le loro rimesse a una costante crescita del Pil (l'unico a non essere mai sceso neppure nei due anni più duri della recessione mondiale). In occasione della crisi ucraina la Polonia, mettendosi alla guida degli altri Paesi dell'Est, ha assunto posizioni fortemente antirusse chiedendo alla Nato una maggiore protezione, ma la sua agricoltura ha finito col risentire più di tutte delle contro-sanzioni di Mosca, contribuendo così ad alimentare il malcontento delle campagne.

È improbabile che Duda, una volta insediato, spinga per svolte clamorose, andando al di là dei suoi poteri. Nei confronti dell'Europa, le sue posizioni non sono molto diverse da quelle di Cameron.

Ma, considerata la giovane età (solo 43 anni) e le notevoli capacità politiche dimostrate in una campagna in cui era partito con uno svantaggio di oltre dieci punti, la sua inaspettatta ascesa costituisce una novità importante nel panorama politico non solo polacco, ma dell'intera Europa dell'Est.

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