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Non bastano meno emissioni, serve sostenibilità globale

L' ultimo Rapporto Annuale sull'Energia pubblicato dal colosso petrolifero British Petroleum fornisce, tra le tante, due informazioni

Non bastano meno emissioni, serve sostenibilità globale

L'ultimo Rapporto Annuale sull'Energia pubblicato dal colosso petrolifero British Petroleum fornisce, tra le tante, due informazioni: nel 2020 l'energia da rinnovabili (eolico e solare) è cresciuta di 238 GW (il 50% in più rispetto a qualsiasi precedente espansione); l'energia prodotta da queste fonti (oltre la geotermia e le biomasse) ha superato quella prodotta dal nucleare. Buone notizie? Dipende. O meglio, vanno analizzati in profondità tutti i processi industriali che si sono dovuti incernierare per attivare quei risultati.

Una minore emissione di Co2 può dirci molto poco - o addirittura essere fuorviante - se non consideriamo le implicazioni legate alla sostenibilità ambientale lungo tutto il ciclo di vita del prodotto. Per capirci, un veicolo elettrico (agli occhi di un consumatore molto «green») non è sostenibile se teniamo conto degli impatti sociali e ambientali non quantificati e non contabilizzati che abbracciano il ciclo di vita, per esempio, della batteria agli ioni di litio che alimenta il veicolo (per la quale mancano opzioni di riciclaggio e riutilizzo). A questo, sempre per esemplificare, possiamo aggiungere la lavorazione della lamiera, la verniciatura, il trasporto... Proprio le navi mercantili, secondo l'Organizzazione Marittima Internazionale delle Nazioni Unite, sono responsabili del 2,89 per cento delle emissioni globali. Le portacontainer usano come carburante l'olio combustibile denso, un residuo della raffinazione del petrolio. È uno dei carburanti più economici e al tempo stesso più inquinanti che esistano. E l'acciaio per costruire le navi? Secondo l'Agenzia Internazionale per l'Energia (Iea), il settore dell'acciaio genera il 7% delle emissioni globali di anidride carbonica legate al consumo di energia, più di qualsiasi altro settore industriale. Con la domanda di acciaio destinata ad aumentare, l'Iea afferma che le emissioni del settore devono dimezzarsi entro il 2050 affinché il mondo raggiunga gli obiettivi climatici globali. Il colosso dell'acciaio svedese Ssab ha sostituito il carbone con l'idrogeno e ha così venduto il metallo alla Volvo. Iniziativa costosa: Ssab ha stimato nel 2018 che senza l'uso di combustibili fossili il suo acciaio sarebbe stato dal 20% al 30% più caro, anche se prevedeva che i costi sarebbero diminuiti nel tempo. Insomma, un serpente che si mangia la coda, una catena di Sant'Antonio che solo un approccio collaborativo pubblico-privato e una visione sistemica e di medio lungo periodo può aiutarci a risolvere.

Si chiama «economia circolare», caratterizzata anche dal riuso di materiale riciclato. Il più grande produttore di acciaio americano, la Nucor Corporation, utilizza solo rottami di acciaio e ha previsto di utilizzare sempre più energia pulita come quella fotovoltaica prodotta dai pannelli solari. Ma la maggior parte dei pannelli solari è prodotta in Cina sfruttando l'energia degli impianti di combustione a carbone (la più inquinante). Occorre anche aggiungere che nessuno si era mai preoccupato dello smaltimento di tali pannelli a fine vita. Nel 2019 sono stati stimate 46 milioni di tonnellate di pannelli installati e, considerando un ciclo di vita del pannello solare di 30/40anni, sono 8 milioni di tonnellate i pannelli solari dismessi, o da dismettere, a livello globale, entro il 2030 (80 milioni entro il 2050 - MIT Technology Review). Una montagna. Come fare, allora? Visione a medio-lungo termine e conoscenza in profondità dei cicli e dei sistemi produttivi (economia circolare), approccio sistemico, collaborazione globale e decisioni collettive.

Tutto molto difficile - come il vedere contemporaneamente l'albero e la foresta - ma non impossibile, soprattutto se ci ricordiamo che stiamo nel mondo in cui vivranno i nostri figli e i nostri nipoti.

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