Non c'è da esultare per il giudizio di Standard & Poor's, che evita di ridurre il punteggio del nostro debito, ma reputa che l'aumento del Pil dello 1,5% nel 2019 non sia realistico e che il deficit stimato al 2,4 possa diventare il 2,7. C'è da ragionare seriamente e tempestivamente sulla finestra di dialogo che questa società di revisione, la maggiore del mondo, offre con il suo verdetto. Niente bocciatura ma solo con la condizionale: allo stato delle cose, la manovra messa nel Def, il documento di economia e finanza, non è in grado di attuare la discesa del rapporto debito-Pil, che ne dovrebbe conseguire, per una serie di motivi intrecciati fra loro. Si teme non solo che non si realizzi l'aumento di 1,5 ma anche che le entrate pubbliche, nel 2019, siano di meno del previsto, nel Def, in quanto calcolate sulla base di una crescita del Pil sovrastimata. E le spese possono esser sottostimate, perché lo spread può far salire il costo del servizio per interessi più del previsto. L'effetto negativo sul rapporto debito Pil così dipende dal minor Pil e dal maggior deficit. Standard & Poor's dà agli autori tecnici e politici del Def un compito a casa per evitare il degrado: fare dichiarazioni meno bellicose e assicurare che ci saranno meno esborsi, di quelli previsti nel Def, nel caso di un minore aumento del Pil. Oppure modificare la manovra adottando maggiori misure rivolte a far crescere il Pil direttamente e strutturalmente. Quello di Standard & Poor's, in effetti, è un ravvedimento operoso, rispetto alla linea di natura speculativa, tenuta nel 2011, quando con le sue subitanee valutazioni negative generò ribassi dei titoli pubblici italiani e creò un danno generale agli investitori. Il ravvedimento operoso di Standard & Poor's, dunque, ha molta somiglianza con la linea del presidente della Bce, Mario Draghi che di ravvedimenti non ha bisogno perché coerente. Invita il governo a un compromesso con le richieste della Commissione Ue e mentre esprime un giudizio negativo sulla manovra, invita a evitare dichiarazioni estemporanee, che turbano il mercato e fanno salire lo spread, quasi come se fossero i rappresentanti del governo che giocano al ribasso sul nostro debito. Draghi avverte che la Bce può tener basso il suo tasso di interesse, per evitare un rialzo eccessivo del tasso di mercato, nei paesi che soffrono uno spread elevato, ma non può comprare il loro debito pubblico di nuova emissione: non è un bancomat.
La reazione M5s alla presa di posizione di Draghi è sbagliata. È una mano tesa all'Italia, con un invito simile a quello di Standard & Poor's, dell'ufficio parlamentare di bilancio e del presidente Mattarella. Come dice Tria, con questo spread non si può convivere a lungo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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