«Io sono in pace con la mia coscienza, pentito di nulla, ho dato tutto quello che avevo, mentre leggevo l'ordinanza ero incredulo per l'arresto perché mai pensavo che quello di cui venivo accusato potesse essere un reato. Due atti legittimi diventano illegittimi per alcune frequentazioni?». Nella sua prima intervista tv in prima serata, nel salotto di Nicola Porro a Quarta Repubblica, l'ex governatore della Liguria Giovanni Toti, accusato di corruzione, voto di scambio, falso e finanziamento illecito, risponde così alle domande del vicedirettore del Giornale Nicola Porro, che si «autodenuncia» per un «conflitto d'interessi» nel ribadire la presunzione d'innocenza prevista dalla Costituzione, non solo per Toti ma per gli altri politici di destra e sinistra travolti da innocenti da questo spietato tritacarne giudiziario: «Le ragioni della difesa esistono sempre per la sua determinazione», dice Porro all'ex numero uno del tg Mediaset Studio Aperto, già europarlamentare di 56 anni e dal 2015 a capo della Regione, che si è dovuto dimettere dal suo incarico il 1 agosto scorso.
L'accusa dei pubblici ministeri Federico Manotti e Luca Monteverde e dell'aggiunto Vittorio Ranieri Miniati ruota su 35 testimoni, 44 dispositivi elettronici (tra telefonini, computer, hard disk e chiavette), 28 informative Gdf e uno sterminato elenco di intercettazioni di cui si chiederà la trascrizione. Ma l'affondo peggiore Toti, spiato per quattro anni («i miei avvocati stanno ascoltando le intercettazioni») lo consegna al mondo politico: «A differenza di altri non ce l'ho con i magistrati - che secondo me sbagliano, la loro interpretazione è errata - ce l'ho con la politica che dalla Seconda Repubblica hanno approvato leggi che hanno tolto alla politica ogni potere di azione, lasciando alla magistratura l'idea di poter fare giudice morale e politico» con leggi che, dopo Mani Pulite e con la stagione dei tecnici che hanno partorito «leggi come concorso esterno e traffico di influenze che leggono la corruzione in atti legittimi. Chi fa politica si aspetta sempre di incappare in qualcosa, succede quando decidi di fare le cose, ma non per un atto legittimo, per un indizio di reato captato da alcune intercettazioni».
Solo dopo le sue dimissioni la Procura ha interrotto gli 86 giorni di detenzione domiciliare iniziati con l'arresto del 7 maggio scorso in un hotel di Sanremo, per accuse ancora tutte da dimostrare. «Ho lasciato dopo 86 giorni la Regione perché prima dovevamo approvare l'assestamento di bilancio, se mi fossi dimesso prima andavamo in esercizio provvisorio. Continuare a far pagare alla Liguria lo stallo sarebbe stato ingiusto», ha ribadito Toti. «I pm ritengono che la carica di governatore sia incompatibile con i reati che avrei commesso, anche in assenza della concretezza del reato. Una presa di posizione onesta, cristallina. Se sei indagato e resti al tuo posto, da incensurato, potresti commettere questi presunti reati di nuovo».
Porro lo incalza («Perché il centrodestra non ti ha sostenuto?»), lui sottolinea la debolezza della politica e della sinistra «che si fa dettare l'agenda dai pm, ha un'idea manettara sugli imprenditori», poi ricorda come due ministri come Guido Crosetto e Carlo Nordio «mi sono stati molto vicini». Dopo il rinvio a giudizio deciso dal giudice per le indagini preliminari Paola Faggioni, Toti verrà processato con rito immediato il prossimo 5 novembre assieme all'imprenditore Aldo Spinelli (difeso da Sandro Vaccaro e Andrea Vernazza e ancora ai domiciliari) e all'ex presidente dell'Autorità portuale Paolo Emilio Signorini. Sulla presunta corruzione a Spinelli per il rinnovo della concessione di 30 anni del Terminale Rinfuse, Toti è chiaro: «Quella pratica è legale, legittima. Era un terminal che nessuno voleva, non era un regalo. Non si è mai lamentato nessun terminalista, neanche una causa al Tar», dice sorridendo Toti. Ai pm che gli contestano anche la corruzione elettorale risponde: «In quattro anni non mi hanno trovato nemmeno un euro fuori posto, Spinelli mi finanzia dal 2015 con 25mila euro, sono stato anche da Msc e allora? Il sinallagma corruttivo inizia nel dicembre 2021, perché non chiudere le indagini allora? I miei conti correnti del 2017 li aveva pubblicati l'Espresso, se volete facciamo l'estratto conto...».
Il riferimento è ai presunti dossieraggi del tenente Gdf Pasquale Striano «a cui il gip ha negato i domiciliari, a me invece...». Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti è netto: «Toti è stato spiato per quattro anni, tipo Germania Est. Una telecamera puntata 24 ore al giorno su un governatore è spionaggio».
Il PdR non si è arreso.... semplicemente tace e mantiene il solito silenzio assordante e imbarazzante... Peraltro un vecchio proverbio recita che chi tace acconsente....
Politicamente il problema va ben oltre la persecuzione a TOTI e riguarda la terzietà della magistratura, inquirente o giudicante che sia; causa, da sempre, di problemi gravissimi.
La soluzione è semplice:
- gli inquirenti devono rispondere a PIANTEDOSI e attenersi alle sue disposizioni.
- i giudicanti devono rispondere a NORDIO e attenersi alle sue disposizioni.
TOTI avrebbe così evitato il martirio e tutti i liguri sarebbero ancora governato da un grande amministratore.
il potere legislativo è il potere di fare le leggi e compete al PARLAMENTO. Il potere esecutivo consiste nel fare applicare le leggi ed è affidato al GOVERNO. Il potere giudiziario consiste nel giudicare chi non rispetta le norme ed è compito della MAGISTRATURA, cioè dei giudici.
Antidoto alla degenerazione delle forme di governo "pure".
Platone, nel dialogo La Repubblica, già parlò di indipendenza del giudice dal potere politico.
Forse lei qualche riflessione e qualche approfondimento lo dovrebbe fare su quanto afferma.
Sarebbe, perché oggi, in Italia, sussiste una vera dittatura giudiziaria, dove persone con poteri illimitati non rispondono dei loro errori, spesso anche dolosi.
Rebus sic stantibus, meglio il ministro Nordio, che almeno è stato eletto, che meri vincitori di concorso.
PS. Chissà che ne penserebbe Platone.!