Dario Antiseri, filosofo, grande studioso di Karl Popper, professore universitario per anni (alla Luiss), autore (con Giovanni Reale) di uno storico manuale di filosofia su cui hanno studiato migliaia di ragazzi, parla dei dati Invalsi perché quello che quei numeri raccontano della scuola italiana è preoccupante e, per uno come lui, che ha dedicato anni al pensiero e allo studio, lasciano prevedere anche qualcosa di molto cupo sul nostro futuro. Proprio di educazione Antiseri si è occupato di recente in Lettera ai politici sulla libertà di scuola (con Anna Monia Alfieri, Rubbettino, 2018).
Professor Antiseri, ha visto che un terzo degli studenti non è in grado di comprendere un testo?
«È una cosa che colpisce. Può sembrare irrilevante, ma è fondamentale: non comprendere un testo significa non essere in grado di comprendere il discorso di un politico, o di qualcuno che ti voglia ingannare. E questo è fondamentale per la democrazia».
In che modo?
«Comprendere gli altri significa anche apprezzarne, o criticarne, i discorsi. Pedagogisti, professori, politici e tutte le persone che si occupano di educazione dovrebbero riflettere su questo».
Che cosa si può fare?
«Uno degli scopi dell'educazione è la capacità di argomentazione. Per sviluppare queste capacità credo che esistano pratiche, antiche e mai vecchie, che andrebbero esercitate».
Di quali pratiche si tratta?
«Per esempio, il tema argomentativo. Poi la pratica, umile e modesta, del riassunto. Un altro esempio è la traduzione dal greco e dal latino. Oppure, ancora, uno studio serio della storia, in cui si confrontino interpretazioni diverse dei fatti e dei movimenti storici».
C'è una filosofia alla base di questo tipo di didattica?
«Queste pratiche sono conformi alle metodologie insegnate da Popper e Gadamer. Se Popper e Gadamer avevano ragione, e fare ricerca significa cercare la soluzione a dei problemi, allora queste sono pratiche fondamentali: come il riassunto, che è un esercizio ermeneutico, comprensione del testo».
I dati Invalsi sono sconcertanti. C'entrano qualcosa tutte le riforme della scuola avvenute negli anni?
«A proposito di riforme vorrei dire soltanto una cosa. Sono un fautore del buono scuola: credo nella competizione, perché è la più alta forma di collaborazione. Introdurre linee di competizione nel sistema educativo significa aprire a un atteggiamento e una proposta diverse; eliminarle significa invece cancellare, come diceva Hayek, quella macchina di scoperta del nuovo da cui scegliere il meglio».
Perché la competizione è così importante nelle scuole?
«Perché, senza di essa, le capacità vengono meno. Questa idea è stata difesa da pensatori come Stuart Mill, Rosmini, Bertrand Russell, e anche Gramsci».
Che cosa diceva Gramsci?
«Senta, diceva così: La libertà nella scuola è possibile solo se la scuola è indipendente dal controllo dello Stato. E poi questa idea è stata sostenuta da Einaudi, Sturzo e Don Milani, e da un anticlericale come Salvemini, che diceva: Lo Stato ha il dovere di educare bene i miei figli, se io voglio servirmi delle sue scuole».
Quindi, in termini di riforme?
«È un nodo fondamentale: in tutta Europa le scuole paritarie sono finanziate, in tutto o in parte, dallo Stato; in Italia, lo Stato fa morire di inedia le scuole paritarie».
Abbiamo parlato solo della comprensione del testo, ma i risultati in matematica
sono anche peggio.«Il fatto è che l'ottundimento delle capacità di argomentazione e comprensione è un pericolo per la democrazia. Il furto di consapevolezza e di capacità di argomentazione è un furto di democrazia».
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