Rischiare un processo per 280 caratteri. È coinvolto in un'inchiesta per vilipendio al presidente della Repubblica, accostato ad ambienti di estrema destra e non sa ancora darsene una ragione. Marco Gervasoni, storico e saggista, collaboratore del Giornale, docente di Storia contemporanea all'università del Molise, è sorpreso per ciò che gli sta accadendo: finire sotto accusa per un banale tweet.
Professore, l'avevamo cercata.
«Non potevo rispondere al telefono, avevo i Ros in casa. Sono stati qui dalle 7 alle 21».
Cosa volevano?
«Hanno fatto una copia del mio cellulare e dell'Ipad e sequestrato due pc e una sim card. Ma sono stati molto gentili e professionali, alla fine abbiamo fatto anche amicizia».
Ci è rimasto male?
«Sono rimasto sorpreso. Non ho mai ricevuto avvisi di garanzia, mai avuto i carabinieri in casa».
Conosce gli altri indagati?
«Solo Francesca Totolo, che scrive sul Pensiero nazionale, una rivista vicina a Casa Pound. Gli altri non so chi siano».
Come si spiega questa vicenda?
«Non ne ho idea, non so quale o quali siano i tweet incriminati anche perché non abbiamo potuto ancora accedere agli atti. Non mi ricordo di aver mai offeso il presidente della Repubblica. Mi sono fatto fare gli screenshot dell'ultimo anno e mezzo da un amico perché il mio account Twitter è stato sequestrato e non ho ravvisato ingiurie».
Lei è molto attivo su Twitter?
«Ho circa 21mila follower, lo uso per fare una mini rassegna stampa la mattina e per commentare i fatti del giorno. Per me è uno strumento anche professionale visto che scrivo per dei giornali, uno strumento di informazione e di comunicazione».
Che idea si è fatto dell'inchiesta?
«Eh, che si può finire indagati anche solo per un tweet. Stiamo parlando di un tema dove il discrimine tra ciò che è reato e ciò che non lo è molto sottile. Un tweet può essere anche una burla o una provocazione ma ciò può dar adito ad interpretazioni errate. Io comunque mi sento tranquillo e in buona fede».
Del resto, vedo che su Twitter tocca un po' tutti.
«Ma certo, mica sono ossessionato da Mattarella».
E sul presidente cosa ha scritto allora?
«Per esempio, scrissi che Mattarella è il vero capo del regime sanitocratico, un termine che ho utilizzato e spiegato anche in vari pezzi sul Giornale».
I suoi tweet però producono una serie di commenti d'odio.
«Su Twitter non si possono cancellare i commenti. Si può bloccare una persona ma i commenti restano. Ognuno si assume la responsabilità di ciò che scrive. O si pensa forse che i tweet siano istigazione a delinquere? Nei regimi autoritari esiste il reato di istigazione alla violenza. Ma un conto se avessi scritto andate ed assalite il Quirinale, un altro se scrivo che Mattarella doveva sciogliere le Camere e non l'ha fatto».
E sugli accostamenti ai gruppi estremisti cosa risponde?
«Con i gruppi di estrema destra non ho nulla a che fare. Io scrivo sul Giornale e sulla Voce del patriota, organo di Fratelli d'Italia. A meno che non si consideri Fdi di estrema destra».
E della piattaforma social russa VKontakte che dice?
«Quando uscì VKontakte mi iscrissi. Ci stetti un paio di mesi e poi non ci sono più entrato ma senza cancellarmi. Se poi tra chi mi segue c'è un criminale non vuol dire che lo sia anche io. VKontakte non è un social clandestino, non è dark web, è il Facebook russo, assolutamente legale».
È amareggiato?
«Sì, di essere stato trattato come un mostro. Il Corriere ha titolato Il professore che insulta Mattarella con la mia foto. Già condannato prima del processo».
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