Milano «Avere un conto in Svizzera, in Irlanda o a Panama non è illegale, dipende dal perché lo apro», spiega l'avvocato Francesco Giuliani, partner dello studio Fantozzi&Associati, specializzato in contenzioso tributario e diritto penale tributario oltre ad essere avvocato cassazionista dal 1999.
Di recente, Giuliani ha difeso la casa di moda Bikkembergs, nei cui confronti l'Agenzia delle entrate aveva pretese superiori ai centotrenta milioni di euro. Una disavventura tributaria e giudiziaria che di fatto ha segnato la fine delle attività di una grande azienda nel nostro Paese, e che si è conclusa dopo molti anni con l'assoluzione in Cassazione della manager canadese Deirdre Margaret Domegan, accusata di omessa dichiarazione dei redditi.
Quindi, avvocato Giuliani, bisogna sempre verificare caso per caso prima di gridare all'evasore?
«Il conto in un Paese a cosiddetta fiscalità privilegiata diventa sospetto in assenza di uno specifico interesse locale da parte di chi lo apre. Il limite della legalità è dato dalla proporzione fra le tasse pagate dove è stato prodotto il reddito e quello dove viene basata la società».
Se non c'è connessione di carattere produttivo, in altre parole, siamo di fronte a un «allarme rosso»?
«Diciamo che ci sono forti sospetti. Per questo servono verifiche, nel caso dei Panama Papers vista la mole di nomi non tutti saranno evasori».
I paradisi fiscali vanno ancora così di moda?
«Direi che oggi è quasi diventato anacronistico aprire un conto in un Paese offshore considerando tutte le norme internazionali tese a rendere più trasparenti le transazioni, gli accordi bilaterali, la voluntary disclosure per chi aveva conti all'estero e ha potuto far rientrare i capitali regolarizzando i rapporti col fisco. Poi c'è il tema della stabile organizzazione, da cui sono partite le indagini su colossi come Apple o Google».
Ma se i paradisi fiscali sono sempre al centro delle cronache non solo tributarie, parliamo anche dell'inferno fiscale italiano per par condicio?
«Stamattina parlavo con un collega e mi ha citato un dato preoccupante: sulla base dei dati attualmente disponibili nel sistema informatico del contenzioso con il Fisco, nel 2015 sono stati proposti per Cassazione 9.163 ricorsi, il 47,8% dei quali da parte dell'Agenzia delle Entrate.
Ebbene, attualmente la media delle decisioni della Cassazione favorevoli all'Agenzia delle Entrate è del 78 per cento. Mi metto nei panni del contribuente italiano e credo che questo sia un dato su cui riflettere, perché lo riguarda da vicino. Più dei cosiddetti Panama Papers».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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