"Non vedo la crisi ma se cade si voti"

Berlusconi scettico: "La via maestra sono le urne, altrimenti un governo di tutti"

"Non vedo la crisi ma se cade si voti"

«Sono scettico sul fatto che vadano fino in fondo. Ma se mai cadesse davvero il governo, la soluzione migliore restano le elezioni» ripete Silvio Berlusconi a chi gli chiede che cosa pensi dell'esito finale dello scontro nella maggioranza. Berlusconi non ha mai seriamente creduto allo strappo finale, e il rinvio del consiglio dei ministri decisivo rappresenta un'ulteriore conferma. Ma se in politica bisogna prepararsi a ogni evenienza, è il ragionamento che arriva da fonti vicine al Cavaliere, per Forza Italia si tratta di una situazione win win: se si arriva al Conte ter con la medesima maggioranza sostanzialmente non cambia nulla, se dovesse profilarsi un governo di unità nazionale, con tutti dentro, il partito ha un consistente drappello di parlamentari per contribuire alle scelte economiche, politiche e sanitarie che si profilano. Il Cavaliere offre da subito «una proposta di rafforzamento del sistema sanitario italiano».

Il problema è il governo «tutti dentro», perché voci accreditate parlano di inviti pressanti a Berlusconi da ambienti vicini al premier perché sostenga un governo Conte ter, nonostante il leader di Forza Italia abbia più volte detto che solo un governo di unità nazionale potrebbe portare a una simile collaborazione. È pur vero che si tratta di gestire i 209 miliardi di euro del Recovery Fund europeo, più o meno dieci finanziarie, la ripartenza del Paese, una sorta di Piano Marshall datato 2021 e targato Ue.

Resistere a spinte per una condivisione «responsabile» delle scelte di governo potrebbe diventare difficile da comprendere, soprattutto da parte di un elettorato pragmatico come quello azzurro, già depurato dell'ala più oltranzista vicina alla Lega, dal momento che il travaso dei voti verso il Carroccio è avvenuto da tempo. Finora il Cavaliere si è sempre assestato sulla difesa dell'unità del centrodestra e così i vertici del suo partito. Il vicepresidente azzurro, Antonio Tajani, esclude «aiutini». E Licia Ronzulli, vicecapogruppo al Senato: «Non appoggeremo mai né un Conte bis né un Conte ter, governo fallimentare che continua a non dar risposte agli italiani».

Renato Brunetta, responsabile economico azzurro, propone come soluzione condivisa «un'unità tecnica», «con poteri sostitutivi», presso Palazzo Chigi, per seguire il flusso di fondi del Recovery: «A parte l'anticipo del 12% (circa 27 miliardi di euro), che dovrebbe essere dato una volta presentato il Piano, tutto il resto verrà dato con gli stati di avanzamento lavori. Senza unità tecnica di controllo, rischiamo di non avere i finanziamenti dopo la prima tranche». La presidente dei senatori azzurri, Anna Maria Bernini, chiede una svolta e non maquillage contabili: «Forza Italia il suo contributo costruttivo lo ha già messo a disposizione».

Se torniamo al «tutti dentro», oltre all'alt arrivato ieri dal segretario dem, Nicola Zingaretti, a maggioranze diverse dall'attuale (ma non a premier differenti), il pallino di un eventuale governo di unità nazionale sarebbe in mano a Matteo Salvini, che soffre la concorrenza da destra di Giorgia Meloni: lasciare Fdi e da sola all'opposizione darebbe al partito di lei un vantaggio che il segretario della Lega preferisce evitare. I toni dello scontro restano accesi.

Salvini va all'attacco da Palermo: «Nel Paese regna il caos. Da cittadino italiano chiedo al governo programmazione, organizzazione, previsione, ossia quello che lamentano i sindaci, i governatori ma anche le famiglie, gli insegnanti, i ristoratori».

L'azzurra Mariastella Gelmini, capogruppo di Fi alla Camera: «Il Paese non si può permettere una crisi al buio né perdite di tempo». Giorgio Mulè, portavoce dei gruppi, esclude soccorsi in assenza delle dimissioni di Conte: «Se dovesse dimettersi, l'unico governo possibile è quello che ci traghetta a nuove elezioni».

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