Il nonno infoibato dai partigiani di Tito, lo zio fucilato dai tedeschi, il papà carabiniere, che si innamora e sposa una giovane istriana. Non è un caso che Sergio Marchionne fa ricamare il Tricolore sui suoi leggendari maglioni neri. Nelle vene ha il sangue istriano, del dramma dell'esodo e di una famiglia segnata per sempre dalle cicatrici della guerra. Un destino che porta i genitori a trasferirsi in Canada, dove Marchionne è cresciuto diventando uno dei più illuminati manager globali.
Nel 2010, il Giornale ha raccontato per primo la storia familiare relegata sempre nell'ombra dell'uomo della Fiat-Chrysler. Suo nonno materno, Giacomo Zuccon, aveva un emporio a Carnizza, vicino a Pola. Il papà, Concezio Marchionne prestava servizio nella stazione dei carabinieri e proprio nel negozio di famiglia ha conosciuto Maria, la donna della sua vita. Nel caos dell'8 settembre del 1943 i partigiani di Tito vanno a caccia dei «nemici del popolo». Il nonno di Sergio Marchionne viene infoibato anche se non ha mai portato la camicia nera. Suo figlio Giuseppe, rientrato a casa a piedi, dopo l'armistizio, inizia le ricerche, ma i tedeschi, che stanno riconquistando l'Istria lo fucilano come disertore. Così Marchionne ha perso pure lo zio nella tragedia della seconda guerra mondiale. Papà Concezio, per fortuna già trasferito in Slovenia e poi a Gorizia, ultimo vallo contro l'avanzata dei partigiani jugoslavi, sopravvive alla guerra. Maria, l'amore istriano, fugge e lo raggiunge seguita dalla sorella Anna, che si imbarca a Pola sul Toscana nel 1947, l'ultima nave degli esuli.
I genitori di Marchionne si sposano in Italia e Sergio nasce a Chieti nel 1952. Anni duri per gli esuli, che la propaganda comunista bolla come fascisti. La zia Anna si trasferisce in Canada come tanti istriani costretti ad abbandonare le loro terre. La sorella Maria e suo marito alla fine la seguono per garantire un'istruzione migliore al figlio Sergio, che non dimenticherà mai l'Istria. Dopo l'uscita del Giornale, l'amministratore delegato della Fiat partecipa nel 2012 a Torino, per la prima volta, al raduno degli esuli che ogni 10 febbraio ricordano la tragedia delle foibe.
E scrive parole di apprezzamento a esuli famosi come il dalmata Franco Luxardo su carta intestata della Fiat group: «Una storia, come quella della sua famiglia, che parla di sofferenza e di sacrifici, ma soprattutto di tenacia e di rinascita è un esempio prezioso in un mondo spesso rassegnato all'inerzia».Alla Voce del popolo, giornale degli italiani rimasti in Istria, racconta senza rancore i lutti familiari. Il titolo non lascia dubbi: «Marchionne, forte e sensibile come un istriano vero».
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