Da notaio a interventista Mattarella cambia stile per smuovere i partiti

Dopo due giri di consultazioni a vuoto il capo dello Stato gioca da protagonista

Da notaio a interventista Mattarella cambia  stile per smuovere i partiti

Roma Per settimane notisti e quirinalisti ci hanno raccontato quanto Sergio Mattarella volesse tenere fede al suo ruolo di «notaio» super partes, a costo di sembrare completamente paralizzato davanti ad una impasse che sta bloccando il Paese ormai da oltre due mesi. D'altra parte, un po' è nel carattere e nell'indole del capo dello Stato, un po' nella volontà di distinguersi da un precedessore - Giorgio Napolitano - che per ben nove anni ha interpretato il ruolo di presidente della Repubblica in maniera tanto interventista da essere soprannominato «Re Giorgio».

Dopo due giri di consultazioni a vuoto e trascorsi oltre due mesi senza che le posizioni dei partiti in campo si muovessero di una virgola, Mattarella ha finalmente tolto l'abito del «notaio» a tutti i costi ed ha deciso di dare una decisa accelerazione. In primo luogo ha iniziato a veicolare con insistenza - non solo ai quirinalisti, ma anche ai direttori di giornali e tg - che se lo stallo continuerà anche la prossima settimana i partiti se ne dovranno assumere la responsabilità davanti al Paese. Senza un governo in carica, infatti, il rischio che scattino le clausole di salvaguardia e che aumenti l'Iva è più che concreto e questo aumento non potrà che essere messo in conto ai partiti che non sono stati in grado di trovare un'intesa neanche su un esecutivo di transizione che accompagni il Paese di nuovo alle urne entro la fine dell'anno.

Dal Colle, dunque, hanno deciso di iniziare a giocare la partita in maniera più diretta, magari non dalla prima fila ma comunque non più limitandosi a prendere atto dei desiderata dei partiti. Una scelta su cui avrebbe influito anche l'approccio per nulla responsabile - così almeno è stato percepito al Quirinale - dei due vincitori della tornata elettorale: sia Luigi Di Maio che Matteo Salvini, infatti, sono rimasti prigionieri dei loro veti e controveti senza tentare davvero di fare un passo l'uno verso l'altro nell'interesse generale del Paese.

Di qui, la scelta di provare a dare uno scossone. Anche perché Mattarella non è intenzionato a temporeggiare oltre e se anche oggi continuerà lo stallo ne trarrà le conseguenze. L'intenzione è quella di mettere la faccia sulla crisi con un discorso nel quale - sia pure nel rispetto dei ruoli - punterà il dito verso l'incapacità dei partiti di fare sintesi.

Dopo di che il capo dello Stato potrebbe proporre come premier di un governo di transizione un nome che incontri il favore di Lega e M5s, che sono certamente i partiti più riottosi a dare il loro via libera a un esecutivo-ponte. A quel punto la palla passerebbe a Salvini e Di Maio che dovrebbero sfilarsi dicendo «no» a Mattarella e caricandosi l'onere di non dare un governo al Paese.

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