Ecco. «Solo 2.800 sì a un anno dalla legge. Niente corsa alle nozze gay, flop al Sud». E se a dirlo è il servizio in prima pagina dell'iper politcally correct «Repubblica», c'è da crederci. La conferma di una battaglia poco più che ideologica che ha sottratto tempo ed energie a politici e amministratori, come conferma l'eloquente tabella pubblicata dal quotidiano. Almeno fino all'ora di pranzo, quando sul sito internet della stessa Repubblica, nel titolo principale campeggiava un'imprevedibile quanto brusca virata. «Unioni civili, le associazioni: Una vittoria, ma alla legge manca la stepchild adoption».
E qui l'evidente difficoltà di affrontare un tema così controverso e che di certo divide lo stesso (cosiddetto) campo progressista. Perfino quando sono i numeri a parlare, visto che in tutta la Sicilia le unioni gay sono state appena 75, in Basilicata 2, solo 36 in Umbria e appena 293 perfino nella rossa e presumibilmente laica Toscana. Pochi (353) i matrimoni omo anche a Milano, dove sembrava che non se ne potesse proprio fare a meno.
Almeno 10mila erano invece le coppie previste dall'Arcigay per il primo anno, forse perché spiega a Repubblica.it Marilena Grassadonia, presidente Famiglie Arcobaleno, «chi sperava con questa legge di tutelare i propri bambini, con lo stralcio della stepchild adotion si è sentito defraudato». Certo, come più volte scritto dal Giornale, il re è finalmente nudo.
Perché questa è ancora una volta la dimostrazione che lo scopo di chi chiede i matrimoni omosessuali non è l'unione di coppie già di fatto unite e a cui nessuno si sogna di togliere il benché minimo diritto, ma semplicemente di ottenere l'adozione dei bambini. Solo un primo passo per scardinare la famiglia tradizionale, fortunatamente tutelata dalla Costituzione. Almeno per adesso.
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