Nucleare, l'Iran chiude alle ispezioni

Dubbi sullo stato dei siti e sull'uranio. L'Aiea: "Ora verifiche". Teheran: stop ai rapporti

Nucleare, l'Iran chiude alle ispezioni
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Attorno ai tre siti iraniani sotterranei colpiti dagli Stati Uniti crescono i dubbi: cosa sia rimasto integro, in che condizioni. Più precisamente, la comunità occidentale sta provando a capire, anche ricorrendo a 007 infiltrati da tempo in Iran, se l'uranio in via di arricchimento oltre la soglia "civile" sia stato spostato e trasferito altrove, e se le centrifughe, molte interrate, siano state solo danneggiate o distrutte. Incognita numero uno, quelle nel complesso di Natanz, il principale centro a circa 200 km sud-est da Teheran, colpito assieme all'altro sito; Fordow, il più protetto, scavato nella roccia e fortificato negli anni per resistere ad attacchi come quello sopraggiunto nel fine settimana con i bombardieri.

L'Agenzia internazionale per l'energia atomica ha chiesto l'accesso a entrambi. Ha ottenuto come risposta un silenzio radio. Poi la doccia fredda dal Parlamento di Teheran. Pronto un disegno di legge per sospendere la cooperazione con l'Aiea stessa, secondo cui l'Iran possedeva circa 400 kg di uranio arricchito al 60 per cento già al 31 maggio, che potrebbe essere portato rapidamente al 90, soglia per una bomba nucleare.

Ieri, ad accrescere preoccupazioni già rimbalzate nel day after, che escludono fuoriuscite nocive post raid, è stata l'intervista al Financial Times di Richard Nephew, funzionario Usa che ha lavorato sull'Iran con le Amministrazioni Obama e Biden. A suo dire, gli Stati Uniti non sanno dove siano "i 408 chili di uranio arricchito al 60 per cento, e l'America non ha alcuna reale fiducia di poterlo ottenere a breve". Per Nephew, sarebbe "folle dire che il programma è stato ritardato più di qualche mese".

Ma dove si trova, ora, quell'uranio conservato in polvere in grandi cilindri sia a Fordow sia Natanz sia a Isfahan, terzo laboratorio-contenitore nel centro del Paese e sede del più grande sito di ricerca? Per l'intelligence israeliana, lì era in parte immagazzinato, anche se Isfahan è nota soprattutto per la conversione. Trasforma lo "yellowcake", il minerale macinato che diventa ossido di uranio giallo, in gas destinato ad essere immesso nelle centrifughe per l'arricchimento. Nessuno potrà dire con certezza "per giorni" se l'Iran sia stato in grado o meno di spostare l'uranio altamente arricchito, ha ammesso il segretario di Stato Usa, Rubio. Il numero uno dell'Aiea, Grossi, lascia intendere che sia stato spostato almeno in parte. A Vienna ha svelato che Teheran già il 13 giugno attuava "misure speciali per proteggere apparecchiature e materiali nucleari".

"Hanno abbastanza uranio arricchito da qualche parte e hanno portato alcune centrifughe avanzate da qualche altra parte per ottenere prima o poi una testata nucleare, il programma non è stato completamente distrutto a prescindere da ciò che dicono gli americani", è la lettura di Sima Shine, ex analista di Iran del Mossad. Non con quei 16 camion visti dai satelliti intorno a Fordow: basterebbero le auto, per l'uranio. Certe strade sono impraticabili e altre colpite ieri da Israele: attacco dell'Idf per isolare Fordow, nella provincia di Qom. Giallo localizzato tra le montagne iraniane. Se per Trump tutti i siti nucleari "sono stati completamente distrutti", e "solo le fake news dicono cose diverse per umiliarci", come ha incalzato ieri il presidente Usa criticando Cnn, Abc e Nbc News, gli esperti restano cauti. Gli Usa hanno causato danni "molto significativi" alle aree sotterranee di arricchimento a Fordow ma nessuno può determinarne l'entità, secondo Grossi.

"Dato il carico esplosivo usato e la natura estremamente sensibile alle vibrazioni delle centrifughe si prevede si siano verificati danni molto gravi". Certezze non ce ne sono. Salvo l'altra minaccia degli ayatollah di uscire dal Trattato di non proliferazione nucleare.

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