Una nuova frana causa 15 chilometri di coda. La statale «Alemagna» riaperta in serata

Di nuovo con il naso all'insù. Il sole smette di splendere e l'incubo torna a minacciare un territorio che non si è mai scoperto tanto fragile. Doveva essere il week end della ripartenza, della boccata d'ossigeno dell'esodo agostano di turisti alla volta della perla delle Dolomiti. E invece un'altra notte di paura lo trasforma in un inferno. All'alba di ieri il Cadore si risveglia ancora in ginocchio. Paralizzato da un'ondata di maltempo che ha provocato frane e smottamenti. Non c'è pace per la valle del Boite, ancora alle prese con la conta dei danni del disastro che la notte del 4 agosto a San Vito di Cadore è costato la vita a tre turisti.

Fango e detriti nella notte paralizzano la montagna bellunese; la statale Alemagna, principale via d'accesso a Cortina, va in tilt. La furia si scatena poco dopo le due e trenta. Una scarica di pioggia innesca una frana che si stacca all'altezza di Acquabona, proprio alle porte della località ampezzana. Migliaia di metri cubi invadono la carreggiata, con una massa doppia rispetto a quella che si era riversata appena un mese fa nello stesso punto. Tanto che l'arteria è stata confermata inagibile ed è stata chiusa per tutta la giornata, sfortunatamente, la più trafficata dell'anno. Risultato: tra gli stretti e immensi tornanti incastonati tra le vette più belle d'Italia in poche ore si forma un serpentone di auto lungo quindici chilometri. In serata il traffico si è normalizzato e alle 21 la statale è stata riaperta. Oggi, in vista dei flussi, sull'intera Ss 51 Anas farà assistenza alla viabilità insieme a Protezione civile e forze dell'ordine.

Le dimensioni della frana ieri erano tali da non permettere «una riapertura immediata, nemmeno parziale» dell'Alemagna, anche se i tecnici dell'Anas e i Vigili del fuoco «sono al lavoro con tutti i mezzi per la rimozione del materiale» ha fatto sapere la Prefettura di Belluno. Allarga le braccia il sindaco di Cortina, Andrea Franceschi, accorso sul luogo della frana poco prima che si scaricasse a valle. «Non abbiamo sistemi di monitoraggio attivi. Gestiamo questa nuova emergenza, ma noi sindaci siamo senza strumenti di prevenzione. Per fortuna non ci sono stati altri morti», dice. Poi però aggiunge: «Cortina ha un'estensione di 250 chilometri quadrati, l'area urbanizzata è più che sicura. I turisti ne sono consapevoli e continuano ad arrivare». Mentre l'assessore regionale alla Protezione civile Gianpaolo Bottacin al governo chiede «più concretezza».

I telefoni degli albergatori avevano appena smesso di squillare dopo i giorni bollenti trascorsi a dispensare rassicurazioni a turisti allarmati e intenzionati a cancellare le prenotazioni dopo quanto accaduto a San Vito. Un'altra bordata, dunque, a un comparto che ancora si lecca le ferite della crisi. E che rialza la testa ma sbatte contro il gap di infrastrutture sempre più gracili. Ma il terrore, nel cuore della notte, è tornato soprattutto a San Vito di Cadore. Con quegli 80mila metri cubi di roccia e detriti sospesi sull'Antelao, poco sopra il centro abitato. Il peggioramento delle condizioni meteo ha fatto scattare il piano della Protezione civile e dei Vigili del fuoco che hanno sorvegliato il mostro semiliquido sferzato dalla pioggia. Un altro temporale, poi, nel pomeriggio, ha aumentato l'allerta idrogeologica, in vigore anche per le dieci ore successive. «L'area ora è sicura - fa sapere il sindaco Franco De Bon - Ma le condizioni in evoluzione impongono prudenza.

Finché non verranno eseguiti interventi strutturali saremo sempre costretti a queste situazioni». Oggi nel piccolo paesino è proclamato il lutto cittadino. La comunità non dimentica i tre escursionisti, una coppia di Monaco di Baviera e un turista ceco, travolti da quella colata di fango.

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