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Nuova Le Pen per l'Eliseo Verde, global ed europea. Lascia persino il partito

"Sarò candidata di tutti". Per le presidenziali molla il movimento. E nei sondaggi vola alto

Nuova Le Pen per l'Eliseo Verde, global ed europea. Lascia persino il partito

Dura come la roccia e duttile come pochi colleghi, la nuova camaleontica Marine Le Pen è in piena muta; politica, s'intende. Non più avversaria eterna con poche speranze di vincere, bastian-contrario per mestiere. Ma leader col vento in poppa nei sondaggi a cui, più che uno scatto, serve correre con misura la maratona che sta iniziando: quella con vista Eliseo. A uno zerovirgola da Emmanuel Macron. Due punti al massimo.

La figlia di Jean-Marie lavora al traguardo cedendo scampoli della sua storia: scontentando qualche «purista» del partito che fu, magari no vax o no euro, cerca consensi nuovi da spalmare attorno alla sua figura; tanto a destra (quella gollista, frammentata da Macron e con primarie tutte da organizzare) quanto a sinistra. I toni mutano come i suoi argomenti, e a 13 mesi dal voto annuncia: «Lascio la presidenza del partito entro l'estate per essere la candidata all'Eliseo di tutti i francesi». Eccolo l'ultimo deflagrante colpo mediatico della 52enne. Un anticipato passaggio di consegne accelerato dai sondaggi: «Con una possibilità di vittoria mai così importante, devo essere il candidato di tutti». Battaglia che oggi esclude l'uscita dall'euro: «Devo tener conto di tutti gli elettori». A L'Incorrect, «BleuMarine» entra nel dettaglio: «Al congresso devo prima essere rieletta, poi lascio la guida del partito, perché io non sia solo il candidato del Rassemblement national». Il giovanissimo Jordan Bardella, numero due, è pronto a raccogliere il testimone del fu Front National.

L'incoronazione per la corsa all'Eliseo sarà a Perpignan, nel sud, a inizio luglio. Già avviata la riscrittura delle priorità: meno attacchi all'Ue e aperture al centro. L'addio al sovranismo spicciolo, riconosciuto come un boomerang, Le Pen l'aveva già dato in tv: «Voglio rassicurare». «Cose false e caricaturali si sono dette su di me». Col sorriso (e meno foga del solito) disse «non ho paura degli stranieri» e i conduttori di BfmTv saltarono sulla sedia. É Le Pen, che parla? Un proto-governo di unità nazionale l'ha già abbozzato, ma intanto critica il piano vaccinale dell'esecutivo: «Una Waterloo di cui Macron non si assume la responsabilità».

Dalla guida del partito, Le Pen si era già dimessa tra i due turni del 2017. Ora è diverso, anticipa e ammicca agli artisti che la detestano: «Privare i francesi della cultura ha avuto un impatto enorme e minimizzato». Lei avrebbe «riaperto musei e cinema». Strizza l'occhio ai cattolici nonostante i timori espressi da Papa Francesco sulla sua ascesa: il ministro dell'Interno, dice «BleuMarine», è «duro con i credenti» più che «andare contro gli islamisti». Nel merito, contesta il testo sul «separatismo».

Stando ai sondaggi, Le Pen ha consensi anche nella sinistra estrema di Jean-Luc Mélenechon (che ha annunciato: non faremo come nel 2017, ognuno voterà chi vuole). Una mezza rivoluzione. Secondo l'istituto Eliabe, il 48% dei francesi è già convinto che sarà lei a vincere. E Libération ha descritto bene il frastagliato popolo della sinistra non più disposto a far barriera contro «BleuMarine». Lei prepara la squadra, dal Guardasigilli: l'ex magistrato Jean-Paul Garraud, due volte deputato gollista. Gli avversari trovano nei sulla sua nuova pelle, come l'ecologismo forzato. In materia schiera Hervé Juvin, già consigliere centrista (di Raymond Barre, economista liberale ed ex premier a fine Anni '70).

La nuova dottrina lepenista-écolo, identitaria, attenta al consumo di prodotti locali è però tutta da testare.

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