Europa

Il nuovo patto Ue su asilo e migranti spacca ma passa. L'Italia a favore. "Un nuovo inizio"

Un braccio di ferro, una prima intesa votata, e la speranza che la Ue non abbia partorito il solito topolino. Ieri per discutere il nuovo Patto per l'asilo e i migranti si è riunito in Lussemburgo il Consiglio Affari Interni dell'Unione europea

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Un braccio di ferro, una prima intesa votata, e la speranza che la Ue non abbia partorito il solito topolino. Ieri per discutere il nuovo Patto per l'asilo e i migranti si è riunito in Lussemburgo il Consiglio Affari Interni dell'Unione europea. E le trattative sono andate avanti per tutto il giorno. Il ministro per le Migrazioni svedese, Maria Malmer Stenergard, in serata si era detta convinta che l'accordo fosse «molto vicino». «E ho tutta la notte davanti» ha aggiunto. Se ci fosse stato un rinvio sarebbe stato un cattivo segnale, ma la «dimensione esterna» resta la vera sfida. Così è stato.

Il ministro Matteo Piantedosi, responsabile del Viminale, ha parlato chiaro in giornata, spiegando che il testo proposto non era sufficiente. Non a caso al primo giro di votazioni dieci Stati si sono dichiarati contrari: Lituania, Polonia, Ungheria, Slovacchia, Bulgaria, Malta, Austria, Danimarca, Grecia e ovviamente Italia. Il nostro Paese ha chiamato a raccolta le nazioni di Visegrad, dure e pure sull'immigrazione. In realtà il testo poteva passare lo stesso, ma politicamente avrebbe avuto un valore vicino allo zero con le tre nazioni più interessate dalle ondate dei migranti dal mare, Italia, Grecia e Malta, schierate per il no.

Poi i ministri hanno approvato il Patto, senza il voto a favore di sei Paesi (Polonia, Ungheria, Malta, Lituania, Slovacchia e Bulgaria). Entusiasta la Stenergard: «Grazie per l'ampio sostegno ai pacchetti». Le norme vanno a comporre il complesso mosaico di provvedimenti di cui si compone il nuovo Patto sulla migrazione. Con l'ok dei 27 il Consiglio ha stabilito il suo mandato negoziale: per l'approvazione definitiva si dovrà trovare una posizione comune con il co-legislatore, il Parlamento Europeo. Il nodo finale era trovare un testo soddisfacente sulla definizione dei Paesi terzi sicuri dove sarà possibile inviare i migranti che non ricevono asilo. «L'Italia ha avuto una posizione di grande responsabilità e ha trovato corrispondenza da altri Paesi - ha detto Piantedosi - abbiamo cercato di rendere attuabili le procedure di frontiera, processo che noi riteniamo debba andare avanti. Riteniamo che sia un giorno in cui parte qualcosa e non solo sia un giorno di arrivo». L'Italia «non sarà il centro di raccolta degli immigrati per conto dell'Europa» ha rimarcato.

Nel suo discorso ai 27 Piantedosi aveva sottolineato che «nell'ultimo anno, a fronte di un drammatico aumento dei flussi dal Mediterraneo, la solidarietà europea nei confronti dei Paesi di primo ingresso si è tradotta nella redistribuzione di circa 1.500 persone complessive, ben al di sotto dei pur limitati impegni assunti». Inoltre ha puntato l'attenzione sulla situazione in Tunisia, oggi principale punto di partenza e transito di migranti sub sahariani. Il nostro Paese ha mostrato di non credere nella ridistribuzione dei migranti fra i Paesi Ue. Piantedosi ha avanzato «forti dubbi» anche «sulle compensazioni finanziarie». L'ipotesi di accordo era di 20mila euro a migrante non ricollocato secondo gli svedesi. Piantedosi ha detto senza peli sulla lingua al Consiglio che ai cittadini «non possiamo proporre una riforma che sarebbe destinata nei fatti a fallire».

Per l'Italia, la Ue deve impegnarsi sulla dimensione esterna. E ridurre, come è previsto nella bozza, i tempi delle domande d'asilo a 12 settimane. Roma ha presentato un piano in sei punti che si concentra sulla «protezione delle frontiere sensibili lungo le rotte migratorie» e sul «rafforzamento dei sistemi di asilo e di accoglienza dei Paesi intermedi» oltre al «sostegno alle comunità locali per impedire che si trasformino in elementi di facilitazione dell'immigrazione illegale».

Il nostro cavallo di battaglia rimane lo «sviluppo di robuste iniziative per attuare i rimpatri e la reintegrazione degli immigrati da Paesi come la Tunisia verso gli Stati di origine».

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