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Il nuovo piano anti invasione. Evitare le partenze dall'Africa

Intesa Kurz-Salvini, la Merkel si è convinta: chiudere il Mediterraneo per evitare liti sulla redistribuzione

Il nuovo piano anti invasione. Evitare le partenze dall'Africa

Matteo un piano ce l'ha. E non è solo farina del suo sacco. Né del tanto citato Viktor Orban. Se cerchiamo una paternità dobbiamo guardare a quell'Austria pronta ad assumere la presidenza di turno della Ue dal primo luglio. In vista di quell'impegno il 31enne premier Sebastian Kurz ha annunciato di voler rivoluzionare la politica di contenimento dei migranti. «Fin qui l'Unione ha perso tempo su questioni divisive - ha detto in un'intervista - dobbiamo smetterla di chiederci come redistribuire i migranti e concentrarci sulla protezione dei confini esterni». Musica per le orecchie di Matteo Salvini. Musica ancor più attuale e dirimente dopo il naufragio in Lussemburgo dei progetti di riforma del Trattato di Dublino e, di conseguenza, di tutte le ipotesi di redistribuzione dei migranti. Invece la Rivoluzione Copernicana prospettata da Salvini sta proprio nella «protezione dei confini esterni» proposta da Kurz.

Che significa? Semplice, l'Europa non deve più attendere l'arrivo dei migranti dentro le proprie frontiere, ma fermarli prima che tocchino il proprio bagnasciuga. Bella novità dirà qualcuno, ci aveva già pensato Marco Minniti quando, la scorsa estate, affidò alla Guardia Costiera di Tripoli e ad alcune milizie libiche il compito di bloccare le partenze. C'è una differenza. Minniti aveva l'urgenza di fermare in breve tempo degli sbarchi cresciuti a ritmo vertiginoso, ma sapeva di non poter contare sulla Ue visto il clima di diffidenza nei confronti dell'Italia che si respirava sull'asse Parigi-Berlino. Oggi i tempi sembrano più favorevoli. E non solo in virtù di quanto anticipato da Kurz o dell'affinità politica sul tema migranti tra Salvini e il gruppo di Visegrad. A favorire il nostro ministro degli Esteri contribuisce anche il netto cambio di linea della Germania.

Non più tardi di domenica scorsa Angela Merkel ha definito «la sicurezza delle frontiere» una «questione esistenziale per l'Europa» ipotizzando la trasformazione di Frontex in «una vera polizia di frontiera». E ieri Berlino ha contribuito fattivamente al naufragio della riforma del Trattato di Dublino. Ma non solo. Berlino, dopo aver stretto un patto d'acciaio con Vienna sul tema migranti, sta anche guardando ad un riavvicinamento ai paesi di Visegrad. «La Germania sottolineava a fine maggio lo stesso Kurz - ha posizioni completamente diverse rispetto al passato... penso abbiano cambiato idea e vadano nella giusta direzione, ora bisogna smettere di discutere e darsi da fare».

Sulla base di tutto ciò acquista consistenza l'ipotesi di un appoggio tedesco a quel piano per la difesa dei confini esterni che Kurz vorrebbe lanciare nel periodo di presidenza europea austriaca. Quel piano, come già anticipato dal premier austriaco, prevede la definizione di intese politiche tra l'Unione e i governi del Nord Africa, ovvero Tunisia e Libia, per consentire alle guardie europee di Frontex di operare direttamente sulle loro coste combattendo direttamente i trafficanti di uomini e bloccando le partenze dei barconi. Insomma vere e proprie azioni di contenimento avanzato, o addirittura respingimenti, a cui si affiancherebbe l'internamento in campi situati anch'essi sulle coste africane e controllati dalla stessa Frontex. Campi da cui partirebbero operazioni di «rimpatrio diretto» ai Paesi d'origine grazie ad accordi assunti non più dai singoli Stati, ma dalla stessa Unione europea. Fantapolitica? Forse sì, ma il piano è tutt'altro che nuovo. Quel che Kurz propone, e Salvini volentieri appoggerebbe, era stato già prospettato per la terza fase di Sophia, la missione navale europea che doveva combattere i trafficanti di uomini dentro le acque territoriali e sulle coste di Egitto Libia e Tunisia.

Una missione che non è, invece, mai andata oltre l'addestramento della guardia costiera libica e il soccorso ai migranti.

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