C'è Renato Brunetta che è più draghiano di Draghi e c'è tutta Forza Italia che al governo ha riscoperto l'orgoglio delle origini. Il Paese, stretto fra l'uscita dalla pandemia e l'arrivo del Recovery fund, è a una svolta. Naturale che la scossa arrivi anche dalle parti del centrodestra. «Vogliamo governare l'Italia per i prossimi vent'anni - annuncia dal palco di Castione della Presolana Antonio Tajani - e per farlo ci vuole un grande partito Repubblicano, ancorato al Partito popolare europeo. Un partito che imposti le riforme che gli italiani attendono da troppo tempo: fisco, giustizia, pubblica amministrazione».
Berlusconi e Salvini viaggiano, almeno in questa fase, in tandem e in serata si ritrovano ad Arcore per riprendere il filo sul futuro del centrodestra. Per Salvini, presentatosi alla guida della propria auto, bisogna evitare una fusione a freddo, la federazione potrebbe essere un buon incipit. Senza disorientare militanti ed elettori. Però in serata si lasciano soddisfatti, facendo trapelare «passi avanti». Una cena cordiale tra i due leader, che spaziano dai «complimenti» alla Nazionale di Mancini alle difficoltà delle imprese di trovare manodopera per gli effetti nefasti del reddito di cittadinanza.
Ad Arcore sono i leader a tessere la tela dell'integrazione, alla Presolana è la nomenklatura azzurra a confrontarsi. All'orizzonte, le elezioni del 2023. Il countdown è partito, pur fra inevitabili malumori e resistenze. «Quello che inizia è un percorso - spiega Annamaria Bernini, capogruppo azzurro al Senato - poi le tappe le decideremo insieme. Non siamo votati al martirio, ma dobbiamo guardare più in là, senza arroccarci nella nostra identità».
Molti temono che l'azzurro sparisca nel mix col verde, ma c'è anche chi registra i progressi sul campo: «È la Lega che ha abbandonato le posizioni estremistiche e non difende più l'indifendibile legge sulla prescrizione - nota il senatore Giacomo Caliendo, ex magistrato e frontman su questo delicatissimo versante - ora Salvini è venuto sulle nostre posizioni e dobbiamo andare avanti su questa strada, sostenendo l'opera del ministro Cartabia».
Un soggetto più grande avrebbe un maggior peso contrattuale e potrebbe spingere l'Italia verso riforme mai compiute. «Poi, certo - conclude Caliendo - so anch'io che un partito non si fa in una mattina».
L'avvio potrebbe essere la federazione, come suggerisce Salvini, anche se sul punto si scontrano visioni diverse e tattica e strategia si mischiano. Il ministro Mariastella Gelmini frena. «Ho espresso più di una perplessità sulla proposta di Salvini di una federazione del centrodestra di governo. Se l'idea è questa, non è la nostra prospettiva. Una cosa è ridurre Forza Italia a forza federata, altra cosa è l'idea di un grande partito Repubblicano che abbia i suoi valori fondativi nell'europeismo, nell'adesione al Ppe, nel Patto Atlantico». Stoccate e controstoccate: «Non è una gara - replica la senatrice Licia Ronzulli - ragioniamo tutti insieme e facciamo i passi giusti».
Massimiliano Salini, l'eurodeputato che ha promosso la convention, registra l'umore di fondo: «Stiamo partecipando ad un grande processo di rinnovamento dell'Italia e dobbiamo cambiare pelle a nostra volta in fretta. Contano i risultati sul campo, più che le dispute nominalistiche che l'opinione pubblica non comprende o, peggio, interpreta solo per guerre di poltrone». Insomma, bisogna sfruttare la safety car di Draghi per entrare nei processi decisionali e attrezzarsi per dare risposte all'altezza dei problemi drammatici acuiti dalla pandemia. «Noi certe dispute ideologiche non le sentiamo nostre - è la riflessione di Matteo Segala, trentatreenne sindaco di San Giuliano Milanese, paesone di quarantamila abitanti sull'ultimo lembo dell'Autostrada del sole - Nel 2018 con la Lega e Fratelli d'Italia abbiamo espugnato per la prima volta nel dopoguerra il comune, feudo della sinistra».
Un piccolo esempio ma una grande suggestione. Dare una visione al Paese e battere la sinistra: Berlusconi e Salvini concordano di andare avanti con le riforme, ma Salvini vuole anche l'addio alle mascherine. Almeno all'aperto.
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