
Il conflitto va avanti, ha promesso Benjamin Netanyahu mentre Donald Trump apriva ieri in Arabia Saudita il suo tour nei Paesi del Golfo. «Non ci sarà alcuna situazione in cui fermeremo la guerra», ha insistito il primo ministro israeliano, nonostante il mondo attenda l'annuncio che possa fermare il conflitto nella Striscia. «Entreremo con forza a Gaza nei prossimi giorni». Netanyahu prosegue con la linea durissima, una strategia che potrebbe convincere Hamas ad arrivare a un accordo per il rilascio degli ostaggi prima della ripartenza di Trump dal Golfo, ma alle condizioni di Israele. Se Hamas vuole strappare una tregua, ma soprattutto rimandare l'annunciata «conquista» di Gaza dopo il 16 maggio - quando il leader americano lascerà la regione - il gruppo estremista deve garantire il ritorno dei rapiti, senza sperare nella fine del conflitto.
In attesa di novità, nella Striscia è ancora guerra. Un conflitto per continuare a decapitare i vertici, rinnovati, del movimento islamista. L'Esercito israeliano (Idf) ha colpito ieri l'ospedale europeo di Khan Younis, nel sud della Striscia, facendo almeno 28 morti e 20 dispersi, a caccia del nuovo leader di Hamas, Mohammad Sinwar, fratello minore dell'ex capo Yahya Sinwar ucciso da Israele nella Striscia, e oggi nuovo leader del gruppo. A Khan Younis è stato consegnato lunedì l'ostaggio israelo-americano Edan Alexander, un traguardo che secondo l'inviato americano in Medioriente, Steve Witkoff, è stato raggiunto «in larga misura» grazie al prezioso aiuto del primo ministro israeliano, a sua volta convinto che a funzionare sia stata la pressione militare su Hamas. La precisazione americana è arrivata dopo la notizia che la trattativa tra Usa e integralisti islamici si sarebbe conclusa bypassando il governo israeliano, già in imbarazzo per il cessate il fuoco raggiunto da Trump con i ribelli Houthi e le trattative Usa-Iran sul nucleare. Alexander, a causa del suo stato di salute precario dopo quasi 600 giorni di prigionia, non si recherà in Qatar a far visita a Trump come preannunciato, ma lo raggiungerà negli Usa quando si sarà ripreso.
Cresce intanto lo sconcerto internazionale per la situazione dei civili palestinesi nella Striscia. Un nuovo durissimo attacco è stato lanciato dall'Unrwa su Israele. L'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, messa al bando nello Stato ebraico con l'accusa di collusione con i terroristi dopo il 7 ottobre, tramite il suo commissario generale, Philippe Lazzarini, ha puntato il dito contro Israele perché «usa la fame e gli aiuti umanitari come arma di guerra». Alla Bbc, Lazzarini ha spiegato di aver quasi terminato le parole «per descrivere la miseria e la tragedia che stanno vivendo gli abitanti di Gaza», senza aiuti umanitari a causa del blocco imposto dal governo Netanyahu.
Eppure, secondo indiscrezioni, la distribuzione potrebbe riprendere «presto». Nel frattempo, Netanyahu ha fatto sapere di essere al lavoro per cercare Paesi che possano accogliere i gazawi, convinto che «oltre il 50% se ne andrà».
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