
«Occupazione». È la parola che fa paura, quasi impronunciabile, ma che ormai scorre sulla bocca di tutti, soprattutto i «duri» di Israele, e torna a infiammare la piazza, quella pro-ostaggi e anti-Netanyahu, dando vita a nuovi scontri con la polizia. Il «duro» della destra israeliana, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, la invoca apertamente a una conferenza e si rallegra di non temerla: «Stiamo finalmente per occupare la Striscia di Gaza. Smetteremo di aver paura della parola occupazione». Quanto al ritiro dell'esercito dalle aree conquistate: neanche a parlarne. «Nemmeno in cambio degli ostaggi», taglia corto il leader di Sionismo Religioso.
A scatenare un nuovo terremoto di piazza in Israele, a muovere nuovo sdegno fra le cancellerie e le istituzioni internazionali e insieme a solleticare l'orgoglio dei nazionalisti e ultranazionalisti d'Israele è il piano approvato ieri all'alba dal Gabinetto di Sicurezza, all'unanimità. Israele contempla ormai la «conquista della Striscia e il possesso dei territori, con lo spostamento della popolazione di Gaza a sud per proteggerla», secondo il resoconto di un alto funzionario. Si passa «dal metodo delle incursioni all'occupazione dei territori e alla permanenza», avrebbe detto proprio Netanyahu ai suoi durante la riunione, secondo Channel 13.
La decisione è stata presa dopo il lancio del missile balistico degli Houthi sull'aeroporto di Tel Aviv, che ha bucato la difesa israeliana e provocato ieri raid di risposta Usa-Israele con morti e feriti, anche sul porto yemenita di Hodeidan, Yemen. Alti funzionari dell'esercito sono corsi a precisare che quella a Gaza «non sarà un'occupazione completa, ma un'estensione dell'operazione militare», un piano «ampio ma limitato». Si passerà «da incursioni temporanee all'occupazione di alcune zone e saranno effettuate operazioni di sgombero e ricerca intensiva nei tunnel».
La grande offensiva è legata a un appuntamento cruciale in vista: il viaggio di Donald Trump fra il 13 e il 16 in Arabia Saudita, Qatar ed Emirati arabi uniti e che potrebbe sfociare in un vertice dei Paesi del Golfo, su cui Trump sarebbe al lavoro prima dell'arrivo a Riad. «L'implementazione» del nuovo piano militare israeliano avverrà «solo dopo la visita del presidente americano la prossima settimana», ha precisato un insider israeliano. In sostanza, la «nuova massiccia offensiva», come l'ha definita il primo ministro Benjamin Netanyahu, si scatenerà in maniera decisiva «se non verrà raggiunto un accordo sulla liberazione degli ostaggi entro la fine della visita di Trump». E c'è un rischio enorme, di cui il capo di Stato maggiore Eyal Zamir ha avvertito il governo: «Israele potrebbe perdere gli ostaggi», ha detto. Ecco perché i familiari di chi è a Gaza da 577 giorni e la piazza anti-Bibi premono sull'esecutivo e lo attaccano: «Scelgono i territori anziché gli ostaggi». Fonti dell'Idf rassicurano: «Non entreremo nelle zone dove si teme ci siano i rapiti». Zamir insiste: «L'obiettivo è il loro rilascio».
Altro tasto dolente è la proposta approvata da Israele sugli aiuti umanitari e bocciata solamente dal ministro per la Sicurezza Itamar Gen Gvir. Gli aiuti sono bloccati da due mesi e due milioni di palestinesi, ora nuovamente costretti a sfollare, li aspettano per sopravvivere. Fonti della sicurezza israeliana stimano che entro due settimane potrebbero esaurirsi. E sul tema è esploso lo scontro Ben Gvir-Zamir. «Hanno cibo a sufficienza» ha detto dei gazawi il ministro. «Queste idee ci mettono tutti a rischio» gli ha risposto il capo dell'Idf. Israele ricorrerà a società di sicurezza private per controllare la distribuzione, che avverrebbe tramite centri controllati dall'esercito, per evitare che gli aiuti finiscano in mano a Hamas.
Ma l'Onu, «allarmato per il piano militare» come l'Ue, e diverse ong hanno già detto che non parteciperanno perché il progetto viola i principi umanitari. Bruxelles preme: «Israele revochi il blocco». Gli islamisti ne approfittano: «Usa gli aiuti come ricatto politico».
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