Il testo del decreto «salvarisparmio», che di fatto nazionalizzerà il Monte dei Paschi, è pronto da settimane e al ministro del Tesoro, Pier Carlo Padoan, non restano che le ultime limature in vista del Consiglio dei ministri di oggi. Ricevuta la richiesta di aiuto da parte del cda dell'istituto senese, il governo Gentiloni dovrà sostanzialmente varare il Fondo da 20 miliardi per il quale ha già ottenuto il via libera dal Parlamento.
Il decreto, in pratica, consentirà al Tesoro di sostituirsi al consorzio di garanzia dell'aumento di capitale del Monte, finora guidato da Jp Morgan e Mediobanca. Restano, però, alcuni punti interrogativi rappresentati dal fatto che si tratta del primo salvataggio pubblico in ambito europeo sotto la direttiva Brrd che impone la condivisione dei rischi ad azionisti e obbligazionisti subordinati. La prima cosa da ricordare è che, trattandosi di una «ricapitalizzazione precauzionale» (la banca ha liquidità per altri 4 mesi), si eviterà il famigerato bail in, dunque obbligazionisti ordinari e correntisti sopra i 100mila euro saranno risparmiati dal taglio.
Si dovrà, però, ricorrere al burden sharing (condivisione del carico) fra azionisti e obbligazionisti subordinati. Padoan intende minimizzare i disagi, ma Bruxelles intende essere severa. Perciò le opzioni a disposizione per non devastare una platea di 40mila risparmiatori sono tre. La prima è la conversione obbligatoria dei 2 miliardi di bond subordinati detenuti dal pubblico in azioni: la minusvalenza sarebbe forte, ma i titoli, che possono rivalutarsi, si configurerebbero come un piccolo ristoro. Poi vi è la strada delle quattro banche risolte (Etruria, Marche, CariChieti e CariFerrara), cioè l'azzeramento dei subordinati e il rimborso forfettario in caso di frode nel collocamento e di patrimonio dell'investitore concentrato su quei bond. La terza via è quella su cui si tratta da mesi: il Tesoro, ricapitalizzerebbe la banca tramite l'acquisto delle obbligazioni subordinate rimborsando parzialmente i sottoscrittori retail in modo diretto.
Occorre ricordare, però, che nel 2017 scadono 12 miliardi di obbligazioni del Monte (800 milioni il 30 gennaio): perciò il punto più rilevante, al momento, è soprattutto la garanzia pubblica sulle emissioni future di Mps. Le trattative con la Bce e con la Commissione europea non potranno prescindere da questo tipo di necessità e, soprattutto, dalla stesura di un nuovo piano industriale.
Il decreto, inoltre, dovrebbe contenere un'altra previsione che impatterà sulla nuova vita di Siena: la spalmatura in cinque anni delle elargizioni aggiuntive al Fondo di risoluzione che dopo aver ricapitalizzato per 1,8 miliardi le banche risolte è praticamente a secco. In questo modo gli istituti potrebbero versare altri 2 miliardi e chiudere il 2016 senza impatti eccessivamente negativi a bilancio. Il Fondo potrebbe altresì partecipare, almeno parzialmente, a nuove ricapitalizzazioni sia delle quattro banche.
Il Fondo Atlante potrebbe essere esentato da nuovi interventi anche se, allo stato dell'arte, non è sicuro che l'istituzione gestita da Quaestio Sgr sia confermata come partner per la gestione delle sofferenze di Mps che potrebbe anche decidere di fare da sola. Potrebbe essere troppo tardi per l'innalzamento da 8 a 30 miliardi della soglia di attivi oltre la quale le banche popolari si devono trasformare in Spa, norma originariamente pensata per la PopBari.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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