«Oggi l'abbiamo aggiustata, domani si vedrà». È il pomeriggio di sabato, due coniugi di Cuneo scendono dal Mottarone verso Stresa a bordo della funivia. Con loro due tecnici che sono appena intervenuti sull'impianto, con loro hanno «un rullo, una specie di cerchione zincato»: parlano di un cuscinetto che non sono riusciti a cambiare. E uno butta lì quella frase, «domani si vedrà», che il giorno dopo fa gelare il sangue alla coppia di Cuneo. Perché il domani della funivia è un ammasso di lamiere e disperazione.
Ora anche la testimonianza dei coniugi entra nella ridda confusa che accompagna, come in altre tragedie simili, i primi passi dell'inchiesta della magistratura. Con il capo della procura di Verbania, Olimpia Bossi, assediata dai media e costretta a non affermare e non escludere niente: perché in questo momento le uniche certezze sono che la fune si è spezzata e che sono morte 14 persone. La causa della morte è così ovvia che la Procura rinuncia alle autopsie e riconsegna i corpi alle famiglie. Ma la causa della rottura della fune e del mancato intervento dei freni è ancora ignota e tale resterà per giorni. Basti pensare che ieri Mario Gabusi, assessore regionale ai Trasporti, ieri in aula dice: «È purtroppo possibile che il cavo si rompa, non è possibile che il doppio sistema frenante non si azioni». Invece l'impossibile è accaduto.
Così, in questo scenario ancora confuso, e mentre l'impressione e il cordoglio sono ancora freschi, già si iniziano a cogliere le mosse delle difese dei potenziali indagati. Perché se è vero, come spiega il procuratore Bossi, che «per adesso non ci sono indagati», è altrettanto vero che le iscrizioni sono imminenti, anche per dare alle difese la possibilità di partecipare alle analisi tecniche. E dalle scelte che compirà la Procura al momento di mettere nel mirino i possibili responsabili si inizierà a intuire la direzione che stanno prendendo le indagini. Di ieri sera la notizia che sono già stati iscritti i primi indagati.
Inevitabile che a venire indagato sia chi gestiva la funivia, ovvero la Ferrovie del Mottarone srl, il cui amministratore Luigi Nerini ieri fa sapere, tramite il suo legale Pasquale Pantano, di essere «molto provato», e di essere «pronto a collaborare». Ieri gli interrogatori sono partiti proprio dai suoi dipendenti. Ma non perde l'occasione per fare sapere anche che «tutti i controlli, le verifiche e la manutenzione sono a posto». Stessa scena per l'altra azienda più esposta sul fronte dell'inchiesta, la Leitner di Vipiteno, che ha in appalto la manutenzione ordinaria e straordinaria: anch'essa pronta a inviare i suoi tecnici per collaborare alle indagini ma altrettanto pronta a chiamarsi fuori nei limiti del possibile, spiegando di avere fatto gli ultimi controlli il 3 maggio, ma di non avere il compito della manutenzione «giornaliera e settimanale, a carico della società di gestione». Di più, il controllo di novembre «è stato fatto da Sateco di Torino, specializzata nel controllo magneto-induttivo delle traenti». Sateco conferma: «Sappiamo di aver fatto in modo corretto il nostro lavoro, abbiamo i documenti che lo attestano. Ora tutto è in mano alla magistratura, che avrà acquisito anche la certificazione».
In questo rimpallo preventivo di responsabilità entra in scena anche la proprietà dell'impianto, che - anche se meno direttamente di gestori e manutentori - rischia di venire chiamata a rendere conto di eventuali omissioni. Assodato che la funivia è in mano pubblica, e che una legge del 1997 prevedeva il suo passaggio dalla Regione al Comune di Stresa, dal Comune fanno sapere che la pratica non si è mai perfezionata, mentre dalla Regine spiegano esattamente il contrario. Così anche su questo punto il procuratore non può che prendere atto della necessità di capirci qualcosa, «c'è stato questo previo accordo per cui la Regione avrebbe ceduto la proprietà al Comune, non è chiaro se questo sia avvenuto completamente».
Domanda che se ne porta appresso un'altra: chi aveva il compito di assicurare l'impianto? È assicurato?Certo, intanto fa già capolino la pista che salverebbe quasi tutti, quella dell'«errore umano». Ma è improbabile che la Procura si accontenti.
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