Coronavirus

Oltre quota 10mila casi. Indice dei positivi al 6,7%

Un altro balzo in avanti. Un'altra barriera psicologica abbattuta a spallate. Verrebbe di parlare di venerdì nero, se non fosse che segue un giovedì nero e precede probabilmente un sabato nero.

Oltre quota 10mila casi. Indice dei positivi al 6,7%

Un altro balzo in avanti. Un'altra barriera psicologica abbattuta a spallate. Verrebbe di parlare di venerdì nero, se non fosse che segue un giovedì nero e precede probabilmente un sabato nero.

Il bollettino di ieri sui casi Covid-19 alla voce nuovi contagi va per la prima volta a cinque cifre, sfondando (di poco) quota 10mila: 10.010. Un dato che come sempre va contestualizzato ma che comunque colpisce. Soprattutto se si pensa alla progressione vertiginosa dei numeri: in sole due settimane, dal 2 al 16 ottobre, i numeri sono aumentati di oltre quattro volte, dai 2.499 ai 10.010, a un ritmo che non si registrava nemmeno nella fase buia del lockdown.

Certo, poi ci sono gli altri numeri ad attenuare un po' (ma solo un po') la preoccupazione che sta tracimando. I tamponi infatti sono molti di più di qualche mese fa ma il numero refertato ieri (150.377) è più basso del record del giorno prima (162.932). Di conseguenza l'indice di positività, ovvero la percentuale di tamponi positivi rispetto a quelli effettuati, si impenna raggiungendo il 6,66. Il 6 ottobre era ancora al 2,68. Certo, siamo ancora lontani dal 24,90 per cento del 21 marzo, giorno in cui si era registrato il picco di contagi della prima ondata. Però l'andamento non lascia tranquillo.

Anche gli ospedali iniziano ad affollarsi nuovamente di pazienti Covid, anche se al momento ci sono solo fibrillazioni locali e il sistema tiene. Da ieri ci sono 434 ricoverati in più, per la gran parte non gravi e quindi in reparti ordinari (da 5.796 a 6.178, +382), ma ci sono anche 54 pazienti in più nelle terapie intensive, che passano sa 586 a 638. Un valore esattamente doppio rispetto ai 319 del 6 ottobre (appena la scorsa settimana) e dieci volte superiore ai 64 del 22 agosto. Una progressione angosciante, c'è poco da dire. Gli attualmente positivi sfondano quota 100mila (100.496), tornando ai livelli dell'11 aprile (allora erano 100.269 ma con 28.144 ricoverati in reparti ordinari e 3.381 in terapia intensiva). I morti sono 55, un numero inferiore agli 83 di giovedì ma non dimentichiamo che il 29 agosto c'era stata solo una nuova croce nella Spoon River del Covid. Il numero totale dei morti dall'inizio dell'emergenza sanitaria è di 36.427, con la Lombardia a 17.044.

Poi ci sono le variazioni regionali, che al momento sono molto pronunciate, con il Nord-Ovest in grande difficoltà. In termini assoluti le regioni con il maggior numero di casi sono la Lombardia (2.419), la Campania (1.261), il Piemonte (821), il Lazio (795), la Toscana (755), il Veneto (704) e la Liguria (585). Ma se si considera l'indice di positività regionale, tra i «cattivi» finiscono la Valle d'Aosta (15,25 per cento, un numero elevatissimo), la Liguria (11,75), il Veneto (9,55), la Campania (8,87) e il Piemonte (8,46). Poco sopra la media nazionale si colloca la Lombardia, che ha un tasso del 7,91 per cento avendo fatto ben 30.587 tamponi. È improprio quindi additare la Lombardia come la regione «untrice»: semplicemente essendo fuori scala rispetto agli altri territori per popolazione e tamponi effettuati i suoi numeri fanno scalpore. Con lei tra le regioni «rimandate» ci sono la Sicilia (7,50) e l'Umbria (6,69).

Sotto la media nazionale e quindi promosse ci sono la Toscana (6,57), la provincia autonoma di Bolzano (5,95), la Puglia (5,61), la Sardegna (5,43), le Marche (5,23), la Basilicata (5,11), l'Abruzzo (4,85), la provincia autonoma di Trento (4,67), il Lazio (4,09), l'Emilia-Romagna (4,01), il Molise (3,90), la Calabria (3,70) e il Friuli-Venezia Giulia, che con un indice di positività del 3,10 è la regione meno «contagiata» d'Italia.

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