Roma - La campagna elettorale è un involontario spettacolo. Prendiamo, a esempio, la futura squadra di governo. Chi ha promesso di renderla pubblica prima del voto? I grillini. E ironia vuole che proprio Luigi Di Maio stia incontrando non poche difficoltà per raccogliere il numero minimo (verrebbe da dire «numero legale») per riempire la sala riunioni di Palazzo Chigi. I no che ha ricevuto fino a oggi sono tanti. Errore suo, dicono gli addetti ai lavori. È da sprovveduti e ingenui scoprire le carte prima del necessario. Altri, però, notano in questa figuraccia anche una relazione con quanto successo alla prima sindaca capitolina per formare la giunta. Il governo capitolino targato Cinque Stelle ha cambiato addirittura quattro assessori al Bilancio in poco più di un anno. Andrea Mazzillo, Marcello Minenna e Raffaele De Dominicis hanno presto abbandonato. Ora su quella poltrona, molto frequentata, siede Gianni Lammetti. E la stessa sindaca è arrivata a ideare una sorta di multa (150mila euro) per gli assessori infedeli. Stratagemma che copia in buona sostanza lo stesso «contratto di fedeltà» cui sono sottoposti gli eletti grillini. Chissà se Luigi Di Maio, che ha appena rimandato alla settimana prossima l'annuncio della lista dei ministri («con donne nei posti chiave»), farà qualcosa di simile. Uno dei quattro assessori al Bilancio della Raggi aveva detto, sbattendo la porta: «Questo è un asilo infantile» (Raffaele De Dominicis, ex Corte dei Conti). Chissà se è la fama strapazza-assessori (e dunque potenzialmente strapazza-ministri) che ha portato molti nomi di prestigio a declinare l'invito. Tra i no a Di Maio si contano quello di Pier Luigi Ciocca (ex Banca d'Italia) e quello dell'ambasciatrice Laura Mirachian. A smarcarsi addirittura dal Movimento sono stati altri due «papabili»: Guido Tabellini (ex rettore della Bocconi) e Salvatore Settis (storico dell'arte di fama internazionale e già direttore della Scuola Normale di Pisa). Molto rumore aveva provocato, poi, il no di Claudio Gentile. Il campione del mondo nel 1982 in Spagna aveva infatti declinato l'invito di Di Maio per ricoprire il ruolo di ministro dello Sport. Un rumore proporzionale alla popolarità del personaggio. Tanto che l'ex calciatore della Juventus ha dovuto comunque precisare che ha rifiutato perché non si sente all'altezza del compito ma che simpatizza col Movimento. Tra i primi a dire di no al Movimento era stato Nicola Gratteri (attualmente alla Procura di Catanzaro). «Mi sento più utile nel mio ruolo» aveva detto, il magistrato noto per la sua lotta alla mafia.
Per ora l'unico ad avere già un ruolo nel gabinetto grillino è Vincenzo Spadafora, un passato come presidente di Unicef Italia, e un presente come capo della comunicazione istituzionale del Movimento. Pare che per lui abbiano pensato a un nuovo ministero per i diritti dell'infanzia.
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