Ong, dopo i fondi della Svizzera si muove l'Ue. Da Bruxelles regole sui legami onlus-donatori

L'organizzazione Sea Eye non svela i suoi finanziatori: "Questione di privacy"

Ong, dopo i fondi della Svizzera si muove l'Ue. Da Bruxelles regole sui legami onlus-donatori

Chi ci finanzia? Vietato dirlo. La sorpresa di Moas, che al Giornale ha rivelato l'elenco dei suoi dieci maggiori donatori, incluso il governo svizzero, resta isolata. Tra le altre Ong che raccolgono migranti in mare prevale la reticenza. La tedesca Sea Eye, contattata dal Giornale si appella alla privacy. «A causa di ragioni legate alla protezione della privacy dice la portavoce dell'organizzazione, Ursula Putz - alle associazioni in generale non è permesso passare alla stampa informazioni riguardo ai propri membri, se questi oppongono interessi degni di protezione». È in effetti vero che alle Ong si impongono blandi meccanismi di trasparenza, e il dibattito su questo punto è arrivato fino all'Europarlamento, dove questo mese si discuterà della possibilità di nuove regole per rendere chiaro il rapporto tra onlus e donatori. Parliamo di un mondo che muove risorse vastissime, nella maggior parte dei casi, indiscutibilmente a fin di bene. Ma si tratta pur sempre di un giro di denaro talmente grande da non poter escludere deviazioni pericolose. Basti dire che le Ong attive nei campi più disparati, ricevono dall'Europa finanziamenti per due miliardi di euro. E che le organizzazioni che contano dispongono tutte di uffici di lobbismo a Bruxelles, sui quali non ricade praticamente alcun obbligo di trasparenza. L'Europarlamento ha cominciato a capire che queste organizzazioni possono avere legami politici non trasparenti e che, ad esempio, hanno spesso una forza economica e comunicativa tale da poter influenzare le decisioni politiche dell'Unione.

È certamente comprensibile che le Ong messe sotto inchiesta dalle Procure siciliane per i sospetti di legami con i trafficanti di uomini protestino la propria innocenza. Ma è inaccettabile che rifiutino un controllo delle autorità e dell'opinione pubblica trincerandosi dietro argomenti come la privacy o il fatto di agire a fin di bene. «Ma noi salviamo migranti», protestano. È lo stesso che avrebbero potuto dire i gestori del Cara di Mineo o quelli di Crotone fino al giorno prima di finire travolti da inchieste che hanno svelato l'ombra della corruzione politica in un caso e dell'influenza mafiosa nell'altro. Non significa che anche le Ong che salvano i migranti in mare siano macchiate da infamie come quelle svelate dalle inchieste, ma sta di fatto che si muovono in un settore su cui insiste un interesse criminale ormai ampiamente dimostrato. Non possono rifiutare di essere sottoposti a scrutinio.

Eppure Sea Eye, la Ong fondata dall'imprenditore tedesco Michael Buschheuer appena nel 2015, invoca la privacy. In realtà, basterebbe chiedere ai propri donatori il permesso di svelare i loro nomi e le cifre versate. Se stanno solo salvando vite è difficile capire perché preferiscano restare nell'ombra.

Tutte le Ong in realtà rendono pubblici bilanci molto sommari e privi di dettagli. Forse è ora di chiedere loro di diventare più trasparenti. Sarebbe il miglior modo di far finire le polemiche, invece di invocare una specie di «immunità per benefattori».

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