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Ora Conte disconosce i dl Sicurezza. Ma li ha firmati lui

L'ex premier Giuseppe Conte ormai senza freni in materia di piroette. Ora è il tempo della condanna per i decreti sicurezza (i suoi)

Ora Conte disconosce i dl Sicurezza. Ma li ha firmati lui

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L'ex premier Giuseppe Conte ha cambiato idea pure sui decreti sicurezza, che tuttavia sono stati una delle espressioni legislative del suo primo esecutivo, quello gialloverde. Un risultato che all'epoca venne rivendicato con grande enfasi.

Il leader del MoVimento 5 Stelle continua così ad esibirsi in piroette di tutto rispetto. In questa circostanza, il pentastellato ha deciso di dire la sua, attraverso un'intervista rilasciata a Il Corriere della Sera. E i fiori all'occhiello di un tempo, ossia quei provvedimenti, finiscono nel dimenticatoio pentastellato ed anzi nell'album degli errori altrui. Perché Conte, che era a capo di quell'esecutivo, neppure rinnega, bensì si limita a condannare. Come se in quel periodo si trovasse da un'altra parte, magari all'opposizione.

La posizione dell'avvocato originario di Volturara Appula è stupefacente, mentre buona parte delle riflessioni sono dirette per lo più a Matteo Salvini, che l'ex presidente del Consiglio ha però sostenuto in pieno come ministro dell'Interno proprio durante l'esecutivo gialloverde: "I decreti sicurezza - ha fatto presente il grillino al quotidiano citato - hanno messo per strada decine di migliaia di migranti dispersi per periferie e campagne. L’eliminazione della protezione umanitaria - ha aggiunto - ha impedito a molti migranti di entrare nel sistema di accoglienza e ad altri di farli uscire in quanto non aventi più titolo con il risultato che migliaia di migranti sono diventati invisibili".

Insomma, si sarebbe trattato di vero e proprio disastro - come affermato dal capo del MoVimento 5 Stelle, secondo il suo punto di vista - . Ma quello che oggi viene giudicato come un fallimento è stato prodotto proprio dal Conte I.

Pure la linea sui migranti, com'è evidente ai più, ha subito una giravolta niente male. Nel primo discorso sulla fiducia, quello che ha poi consentito a Conte di governare al fianco della Lega, "l'avvocato degli italiani" si era schierato contro il "business" della "immigrazione cresciuto a dismisura sotto il mantello della finta solidarietà. Non siamo e non saremo mai razzisti - aveva fatto presente, contribuendo a creare il terreno utile ai decreti sicurezza -, ma l'Italia non può essere lasciata sola di fronte a questo problema". Toni che oggi non si leggono né si ascoltano più per parte contiana.

Nella intervista pubblicata oggi, invece, c'è stato spazio anche per una stigmatizzazione politica dell'operato del leader leghista: "Salvini, da ministro dell’Interno, sui rimpatri e sull’immigrazione ha fallito". Insomma, sembrano davvero lontani i tempi in cui l'ex presidente del Consiglio rivendicava di essere "orgogliasamente" populista, in funzione del ripristino della sovranità ai cittadini. La narrativa contiana, in virtù dell'asse con il Partito Democratico e dello spazio venutosi a creare a sinistra, può cambiare. E il neo leader dei grillini non ha esitato a modificare la rotta in maniera repentina, com'è ormai prassi da qualche tempo.

La contraddizione in termini è stata notata pure dal capogruppo di Forza Italia al Senato, Anna Maria Bernini, che secondo quanto ripercorso dall'Adnkronos ha dichiarato che: "l'ex premier Conte sta dicendo tutto e il suo contrario: prima ha bocciato, definendoli fallimentari, i decreti sicurezza varati dal suo primo governo, poi ha avvertito che il reddito di cittadinanza non si tocca, dicendosi però disponibile a un 'tavolo che monitori la sua efficacia'. Quindi, non si tocca ma si può cambiare". La linea ondivaga di Conte non riguarda soltanto i decreti sicurezza, ma permea un po' tutte le questioni essenziali di cui si è occupato da presidente del Consiglio.

La presidente dei senatori di Forza Italia ha incalzato sul reddito di cittadinanza, sostenendo che "in realtà il monitoraggio (una proposta contiana) sul sussidio-bandiera dei Cinque Stelle c'è già stato, ed è negativo sia sul fronte del sostegno alla povertà, che ha lasciato fuori le famiglie numerose, sia soprattutto sulle politiche attive, perché si è disincentivato il lavoro e alimentato invece il lavoro nero. Più che da monitorare, dunque, il reddito di cittadinanza è tutto da rifare". Monitorare le prese di posizione di Conte, peraltro, è ormai impossibile.

Quando si contraddice il proprio operato, tenere il conto diventa complesso persino per la statistica.

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