Coronavirus

"Ora è difficile fermarlo". L'Oms teme la pandemia

Esperti preoccupati per i nuovi casi senza origine chiara: «Tempo quasi scaduto, Covid-19 ormai fuori controllo»

"Ora è difficile fermarlo". L'Oms teme la pandemia

La finestra di opportunità per contenere la pandemia globale sta per chiudersi. C'è ancora una possibilità ma il tempo sta per scadere. I segnali che arrivano dal mondo preoccupano l'Organizzazione mondiale della Sanità che ieri ha aggiornato tutti i dati sulla diffusione del Covid-19 e per la prima volta con toni davvero preoccupati. Anche se uno spiraglio è stato lasciato aperto il direttore generale dell'Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, ha usato la parola «messy»: caos. «Se perdiamo quest'ultima opportunità l'epidemia può andare ovunque e si rischia il caos», avverte.

Che cosa preoccupa gli esperti? Senza dubbio la comparsa del coronavirus in aree fino ad ora non toccate dall'epidemia senza che sia chiaro come ci sia arrivato. Una situazione preoccupante che riguarda direttamente anche l'Italia. In Lombardia non è ancora chiaro chi sia il paziente indice, ovvero quello arrivato da zone contagiate e dunque di conseguenza anche il paziente zero. Potrebbero esserci persone contagiate in precedenza ma asintomatiche dunque non consapevoli di essere portatori del virus.

«Anche se il numero totale di casi di Covid-19 fuori dalla Cina resta relativamente piccolo, siamo preoccupati per i contagi con trasmissione locale senza chiaro legame epidemiologico, cioè senza precedenti viaggi in Cina o contatti con altri casi confermati», insiste Ghebreyesus.

Dalla Cina poi non arrivano buone notizie e occorre sottolineare che l'andamento dell'epidemia e i dati poco trasparenti non permettono di fare chiarezza su questioni fondamentali come il tasso di letalità, la trasmissione anche da asintomatico e il periodo di incubazione.

Sono 75.567 casi di Covid-19 registrati nella sola Cina e 2.239 decessi. Nelle ultime 24 ore la Cina ha registrato 892 nuovi casi e 118 morti, precisa l'Oms che aggiunge «il significativo decremento dei casi confermati in Cina è in parte dovuto a un altro cambiamento nel modo in cui vengono definiti i casi: la scorsa settimana la Cina ha iniziato a segnalare casi diagnosticati clinicamente oltre a casi confermati in laboratorio. Ora sono tornati a riferire casi sospetti e accertati da test». Cambiamenti nei criteri di classificazione che contribuiscono al caos. Anche perché in questo modo i contagi giornalieri risultano di nuovo in aumento. Sono ben 512 i contagi registrati in 4 centri di detenzione, inclusi due nell'Hubei, l'epicentro dell'epidemia.

Ma non c'è soltanto la Cina a preoccupare l'Oms che guarda con attenzione ai casi registrati in Libano e in particolare «nella Repubblica islamica dell'Iran, dove ora ci sono 18 contagiati e quattro morti». Al paese sono stati inviati kit per i test e supporto. E dopo giorni di silenzio ieri finalmente le autorità iraniane hanno indicato la fonte dell'epidemia. «Sono stati dei lavoratori cinesi impegnati nella città di Qom, che avevano viaggiato in Cina e i quali sono poi stati in contatto con cittadini iraniani», ha spiegato Minou Mohrez, rappresentante del ministero della Salute. L'Iran non ha chiuso né limitato i voli per dalla Cina ma ha solo adottato misure precauzionali e di controllo negli aeroporti.

E poi la grande incognita su quanto forse sta già accadendo in Africa dove per ora è segnalato soltanto un caso in Egitto.

Ma tutti gli esperti temono che il coronavirus non sia stato rilevato per mancanza di test e strutture sanitarie adeguate.

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