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Ora Erdogan è il nemico di tutti

Non solo il Pkk e i curdi siriani. Ankara è in rotta con la Russia, gli Usa, l'Egitto e Israele. Tanto da non sapere più chi la attacca

Ora Erdogan è il nemico di tutti

Come sono lontani i tempi in cui la parola d'ordine della politica estera turca era «nessun problema con i vicini», il premier Erdogan tentava di concludere un compromesso con la minoranza curda, si professava amico di Israele e cercava perfino una riconciliazione con gli armeni dopo il famoso genocidio. Oggi Ankara è praticamente in conflitto con tutti, al punto che non arriva neppure a capire chi siano i responsabili degli attentati dinamitardi che subisce ormai a un ritmo quasi mensile, ora contro i propri militari, ora contro turisti stranieri, ora contro i cortei di manifestanti per la pace: l'Isis che Ankara dice di combattere ma spesso aiuta sottobanco? Il regime di Assad che vuole abbattere? I curdi del PKK che lottano per l'autonomia delle province orientali? Quelli siriani che vogliono costituire un loro ministato ai suoi confini meridionali? O addirittura, come qualcuno sospetta, gli stessi servizi segreti di Erdogan per mettere poi sotto accusa gli avversari e alimentare la tensione?Per la bomba che mercoledì nel centro di Ankara ha ucciso 28 militari e ne ha feriti oltre 60, il governo ha immediatamente accusato in base a elementi tutti da verificare - i curdi siriani dell'Ypg. Ma da Qamishli è arrivata subito la replica, in cui si sostiene che Ankara punta il dito contro l'Ypg soltanto per giustificare gli illegali bombardamenti con cui, da ormai quasi una settimana, l'esercito turco colpisce i curdi in territorio siriano. Lo stesso Erdogan, del resto, sembra lasciarsi aperta ogni possibilità quando afferma che «la Turchia si riserva il diritto di reagire agli attacchi sia all'interno, sia all'esterno dei propri confini, in qualunque momento, in qualunque luogo, in qualunque occasione».Oltre alla guerra civile contro il Pkk, che dalla ripresa delle ostilità del luglio scorso ha già fatto almeno 10mila morti da ambo le parti, portato a innumerevoli violazioni dei diritti umani e costretto le autorità a proclamare lo stato d'assedio in diverse province, la Turchia deve misurarsi con una serie impressionante di conflitti: è in rotta con la Russia, dopo avere abbattuto un aereo che aveva violato per 17 secondi il suo spazio aereo; è in lite con gli americani, che le rinfacciano di muovere guerra all'Ypg che essi considerano il loro più efficiente alleato nella guerra contro l'Isis e che pochi mesi fa suscitarono l'ammirazione del mondo intero con la difesa di Khobane; ha rotto le relazioni diplomatiche con l'Egitto, per avere appoggiato a suo tempo il governo dei Fratelli Musulmani poi cacciati da Al Sisi; è tuttora in conflitto con Israele, dopo avere sponsorizzato la nave che ha cercato di violare il blocco di Gaza e stabilito un «ponte» con Hamas. Adesso, minaccia di invadere con truppe di terra la Siria e pretende di stabilire una «no fly zone» nella sua parte settentrionale, che sarebbe illegale senza il via dell'Onu, non è gradita a Washington e provocherebbe chissà quali reazioni di Mosca.Nonostante la deriva autoritaria e islamista di Erdogan, la brutalità con cui tratta i suoi avversari interni e il modo spietato con cui soffoca la libertà di stampa (ci sono più giornalisti in prigione che in Cina) gli unici che cercano di mantenere un buon rapporto con Ankara siamo ormai noi europei. La ragione principale è che la Turchia è diventata il passaggio quasi obbligato per i migranti che non solo dalla Siria e dall'Iraq, ma perfino da Afghanistan, Pakistan e Bangladesh cercano di entrare nella Ue. Con la polizia e l'esercito di cui dispone, non avrebbe molte difficoltà a fermarli quando, sulla sua costa occidentale, si imbarcano su gommoni e vecchie carrette verso le vicine isole greche (finendo sempre più spesso in fondo al mare). Per indurla a farlo, l'Europa guidata dalla signora Merkel le ha offerto 3,5 miliardi di euro, l'abolizione dei visti per i cittadini turchi che vogliono entrare nella zona Schengen e perfino la ripresa dei negoziati per la sua adesione all'Ue, incagliati da anni su ostacoli insuperabili. Per adesso, il risultato è stato zero, i migranti continuano ad arrivare a migliaia al giorno e Ankara ci ricatta chiedendo sempre di più.

Come la Nato faccia a considerare ancora questo Paese, che ai tempi della guerra fredda era il baluardo orientale contro l'Urss, un alleato affidabile è l'ennesima prova della debolezza dell'Occidente o, a essere indulgenti, un altro mistero della Realpolitik.

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