P iù che gli aspiranti premier (Salvini e Di Maio) è il Pd di Maurizio Martina a pendere letteralmente dalle labbra di Mattarella. Al presidente della Repubblica i piddini affidano la loro unica speranza: che non si torni subito al voto. Quindi la reazione al discorso di Mattarella al termine delle consultazioni è positiva.
«Condividiamo le preoccupazioni del presidente» dice il segretario pro tempore Maurzio Martina. «Non credo ci sia un italiano che trovi sensato tornare al voto dopo pochi mesi - aggiunge il presidente del partito, Matteo Orfini -. È una posizione assurda, di cui il Paese non ha bisogno». Insomma il Pd sembra disposto a votare il governo neutrale (o «di servizio» come ha detto il presidente Mattarella). E anche da Matteo Renzi filtra «apprezzamento». Ben sapendo che lo spauracchio del voto è dietro l'angolo, visto che Lega, Fdi e 5 Stelle hanno già fatto sapere che l'idea di un governo tecnico non gli sta bene. Il voto è insomma un'ipotesi da scongiurare per Francesco Boccia, capogruppo Pd nella Commissione speciale (l'unica attiva al momento). «Diamo il via a questa legislatura - esorta Boccia - per superare lo stallo iniziale e incominciare a dare ai cittadini le risposte che attendono. Almeno per cambiare la legge elettorale e inserire un adeguato premio di maggioranza alla lista o alla coalizione onde evitare di ritrovarci nelle stesse condizioni». Ieri, intanto, al Nazareno si è svolta una riunione tra alcuni dei leader con la delegazione in partenza per il Quirinale. C'erano Ettore Rosato, Graziano Delrio, Lorenzo Guerini, Andrea Romano, Matteo Orfini, i ministri Marco Minniti, Carlo Calenda, Dario Franceschini e Andrea Orlando. Presenti anche Gianni Cuperlo e Giuseppe Antoci (in rappresentanza di Emiliano). Dall'incontro era emersa la convinzione che un «governo di tregua» fosse l'unico sbocco probabile. Solo Franceschini e Guerini avvertivano che la situazione poteva precipitare.
Nel pomeriggio, dopo aver visto Mattarella, Martina e il gruppo dirigente si sono infatti ritrovati a fare i conti con lo spettro del voto. Uno di loro, a microfoni spenti, ha sussurrato: «È chiaro che dovremmo avere un solo obiettivo: cercare di tenere il risultato del 4 marzo». Anche al Nazareno ora si lavora su due «forni»: da un lato Martina offre al Quirinale la disponibilità del suo partito per far partire un governo di servizio, dall'altro si prepara una corsa contro il tempo per stabilire come arrivare al voto estivo, visto che il congresso non può essere convocato prima di allora. C'è infatti il problema della leadership e di come selezionare le liste. E soprattutto c'è da decidere su quale «cavallo» puntare. Il nome è ovviamente scontato. Sarà Paolo Gentiloni il candidato del Pd.
Le parole di Mattarella sul governo «neutrale», sulla scadenza di dicembre, sulla responsabilità dei partiti, non attenuano comunque lo stato di agitazione nelle stanze del Nazzareno. La cosiddetta spada di Damocle del voto estivo è lì che pende sulle teste dei dirigenti del Pd. Tocca indicare subito, dicono in molti, un triumvirato che selezioni le liste elettorali.
I renziani, ovviamente, premono affinché non cambino granché rispetto al 4 marzo. A nominare il triumvirato sarebbe l'assemblea prevista entro la fine di questo mese. Ma la stessa assemblea, almeno secondo Lorenzo Guerini, potrebbe anche eleggere direttamente il nuovo segretario».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.