Galeotta fu la Festa dell'Unità. Quella di Milano, in particolare, dove Giuliano Pisapia è stato fotografato in un peccaminoso (solo dal punto di vista politico, ovviamente) abbraccio con Maria Elena Boschi.
Un abbraccio che ora rischia di far saltare gli equilibri a sinistra del Pd, e rimette in forse la nascita di quel soggetto «progressista» ma «alternativo» al partito renziano di cui Pisapia dovrebbe essere il leader. Il bacio alla Boschi ha fatto imbufalire il partitino di Mdp, gli scissionisti dalemian-bersaniani: «Tradimento!», è il grido di dolore che si leva dalle file della sinistra anti-renziana. «Quella foto - geme Roberto Speranza - ha fatto storcere il naso a una grande parte del nostro mondo». E ha invece rassicurato il Pd, da cui ieri si è levato un coro di voci in difesa dell'ex sindaco di Milano, e di avance nei suoi confronti.
Al netto degli aspetti alquanto comici della faccenda, con le crisi di gelosia di D'Alema e Bersani e gli anatemi che corrono in rete contro Pisapia, reo di non aver rispettato lo Statuto non scritto di Mdp («morte a Renzi») e di aver addirittura detto che «mi sento a casa mia» ad una festa Pd, la partita è tutta politica. La scelta di essere presente alla festa milanese e la cordialità dimostrata verso la Boschi stanno a dimostrare che Pisapia ha intenzione di resistere ai diktat di D'Alema e Bersani, che vogliono la rottura di ogni rapporto con il fronte renziano.
E il Pd vede la possibilità di utilizzare questa divergenza di fondo per staccare Pisapia da D'Alema, indebolendo il progetto di Mdp, e aprire con lui una interlocuzione. Del resto, come spiegava giorni fa uno dei principali consiglieri politici dell'ex sindaco di Milano, Gad Lerner, «senza Giuliano, Bersani e D'Alema non fanno neppure il 3% necessario a rientrare in Parlamento». Insomma, l'immagine «cool» di Pisapia è indispensabile a Mdp per non sembrare quel che in verità è, ossia una rancorosa accolita di reduci ex Pci sconfitti da Renzi nel Pd. Per questo, pur mal sopportandolo, i dirigenti del partitino scissionista gli hanno finora riconosciuto la leadership dell'operazione che ha come scopo la formazione di una lista elettorale di sinistra. A patto, però, che Pisapia si attenga alle loro indicazioni politiche: per questo la presenza alla festa di Milano, gli appelli ad «unire» rivolti al Pd e la foto del bacio con la Boschi sono suonati come un pericoloso atto di insubordinazione. E gli sfoghi anti-Pisapia hanno toccato vette da processo staliniano: «Peggio dell'abbraccio alla Boschi sono la faccia e il sorriso di Pisapia: il body language di una politica da evitare», tuona ad esempio il politologo Gianfranco Pasquino, ex parlamentare Ds oggi con Mdp.
Ed è proprio Matteo Renzi, il più interessato ad approfondire la distanza tra l'ex sindaco e i dalemiani, a dare la linea: «Con Pisapia - dice - l'importante è mettersi d'accordo e parlare di cose concrete. Non di posti in Parlamento, ma di temi come le tasse, la lotta all'evasione, il blocco dei soldi a chi in Europa non accoglie i migranti, gli investimenti nella cultura». Seguono il governatore piemontese Sergio Chiamparino («Pisapia deve essere un interlocutore privilegiato»), il capogruppo dem alla Camera Ettore Rosato («Con lui c'è sintonia sulle cose»), il ministro Maurizio Martina («Basta polemiche a sinistra, siamo pronti a un confronto vero»). E proprio Martina chiude all'ipotesi di una nuova legge elettorale con premio di coalizione: «Vedremo a settembre, ma mi pare uno scenario molto difficile».
L'attuale proporzionale, per il Pd, incoraggia la moltiplicazione delle liste: a sinistra Sel è pronta ad andare per conto proprio, «se ci dividiamo è una follia», geme Pippo Civati. Ma a Pisapia - sempre che si emancipi dalla torva tutela di Massimo D'Alema - si può offrire una sorta di alleanza tecnica al Senato, dove lo sbarramento all'8% rischia di essere insuperabile.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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