È una sera di autunno, ma sembra già inverno. Il crepuscolo è un confine sottile e se ne va via in fretta e apre le porte alla malinconia e alla paura. La speranza di questi tempi costa cara. C'è il timore di vedere il futuro che verrà. La gente si prepara a chiudere le porte. È l'ora. Si aspetta solo in segnale. Eccolo. La campana rintocca e allora ci si affretta a spegnere il fuoco con la cenere, nell'unica stanza dove di mangia, si dorme, si vive. La notte poi porterà il gelo.
È da qui che viene la parola di cui si parla ancora adesso. È così vecchia che bisogna tornare indietro di secoli e secoli, fino all'anno Mille o giù di lì. La parola viene dal francese antico «couvre-feu» e sa di difesa, di guardarsi le spalle, di protezione. Solo dopo diventa, passando la Manica, «Curfew». Coprifuoco. È da qui che diventa legge, con un ordine di Guglielmo il Conquistatore. Quando suona la campana, al calar del sole, coprire tutti i fuochi. Il motivo dichiarato è prevenire gli incendi. Le case nelle città sono di legno, basta una scintilla per diffondere le fiamme.
I fuochi vanno spenti anche nelle piazze o negli slarghi, ovunque. La città deve restare al buio. I sudditi stanno bene rinserrati dietro le porte, ognuno a casa sua. Guglielmo è preoccupato anche di altri incendi, quelli della rivolta, di gente che si riunisce nelle bettole, magari per dare azione al malcontento. Non vuole assembramenti. Il potere si nutre di silenzio.
È così che il coprifuoco perde il suo carattere pratico. Non ci si ricorda più degli incendi. Resta solo la minaccia. Il coprifuoco serve a chi comanda per spegnere sotto la cenere altri fuochi, quelli della sedizione. La notte, da sempre, è vissuta in fondo come qualcosa di losco. Le persone perbene non escono al buio. Non si nascondono nelle tenebre. La notte è il regno delle malefatte e delle perversioni.
Il coprifuoco resiste nel tempo. L'ultima volta che in Italia ha avuto un carattere pubblico è successo negli ultimi anni della guerra, la seconda. Mussolini è caduto. Al suo posto c'è il Maresciallo Pietro Badoglio. È lui che ha firmato l'armistizio. Non la guerra. Si combatte ancora, ma gli amici sono diventati nemici e viceversa. Il Maresciallo riempie i muri delle città con le sue ordinanze. È il 26 luglio del 1943.
Tutti, dalle otto di sera alle sei del mattino, devono restare a casa. Presto viene modificato. L'ultimo va dalle 22.30 alle quattro. Resterà in vigore fino al 1944. L'ordine è di passare per le armi i trasgressori.Ora davvero si può dire che questo virus è una guerra.
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