Roberto Fabbri
La battaglia contro il decreto anti immigrazione di Donald Trump continua. Sedici Stati Usa - tra cui quello di New York e la California - hanno presentato alla corte di appello di San Francisco un ricorso contro il bando che vieta l'ingresso negli Usa ai cittadini di sette Paesi musulmani, e che appoggia la causa già intentata da Washington e Minnesota.
E poi c'è il braccio di ferro con la Silicon Valley. Che in campo ci siano i famosi «valori americani» piuttosto che i cospicui interessi economici di compagnie abituate a pescare in giro per il mondo i loro migliori giovani talenti, o magari entrambi come lasciano intendere i colossi dell'hi-tech. Rimane il fatto che un centinaio delle più grandi e innovative imprese mondiali hanno lanciato un nuovo capitolo del braccio di ferro sull'ormai famoso bando all'immigrazione da sette Paesi musulmani «a rischio terrorismo»: un ricorso alla Corte d'appello federale di San Francisco per mezzo di un documento di appoggio all'azione legale mossa dallo Stato di Washington contro l'ordine esecutivo del presidente.
Si tratta della stessa corte che entro pochi giorni deciderà in merito al ricorso della Casa Bianca contro la sospensione del suo decreto da parte della magistratura.
Tra i firmatari del documento di 53 pagine figurano colossi del calibro di Apple, Google, Facebook, Microsoft, Netflix e - suprema beffa per Trump che ne è innamorato e ne fa un uso continuo - perfino Twitter. Il testo elenca le conseguenze negative del bando e definisce il cosiddetto Muslim Ban «illegale e pericoloso, tale da infliggere un danno significativo agli affari americani, alle aziende dell'innovazione che cercano talenti e alla crescita che ne consegue».
Ma non è tutto. Secondo fonti citate da Bloomberg, entro questa settimana dovrebbe essere resa pubblica una lettera aperta a Donald Trump scritta da alcuni dei principali colossi informatici americani, che in gran parte coincidono con quelli che hanno anche già sottoscritto la memoria, depositata presso la Corte d'Appello federale californiana. Al momento non è noto quali e quante aziende la sottoscriveranno. Il testo è tuttora in fase di correzione e rilettura. Solo il contenuto del preambolo pare già concordato, ed è un capolavoro di diplomazia. Secondo fonti anonime suonerebbe così: «Condividiamo il suo obiettivo di garantire che il nostro sistema dell'immigrazione soddisfi le odierne esigenze della sicurezza, e mantenga al riparo il nostro Paese. Però siamo preoccupati del fatto che il suo ordine esecutivo colpisca molti titolari di visto che lavorano sodo qui negli Stati Uniti, e che contribuiscono al successo del nostro Paese, il cui senso di comprensione nei confronti del prossimo è parte di ciò che lo rende eccezionale». I portavoce di Silicon Valley proseguono ricordando a Trump di avere alle loro dipendenze «sia migliaia di americani sia alcune delle persone dotate di maggiore talento provenienti dall'estero, che lavorano insieme per aiutarci a prosperare e ad ampliare l'occupazione complessiva».
Ma ieri il presidente Usa, da una base militare in Florida, ha fatto sentire la sua voce
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