«Brescia accoglie già numeri importanti di migranti, siamo fortemente contrari». Qualcuno è sorpreso, altri si dicono scioccati. Di certo il diktat della sindaca di Brescia Laura Castelletti eletta lo scorso giugno in quota centrosinistra - traccia un solco profondo e per certi versi inedito nel panorama politico non solo locale. La settimana più lunga all'ombra della Loggia comincia con un annuncio: il transito in città di 25 migranti al giorno e la permanenza per due notti al massimo in un centro di micro-accoglienza. Una misura voluta dal governo per trovare soluzioni alternative a garantire un corretto smistamento verso i Cas, i centri di accoglienza straordinaria. Recependo la disposizione, la Prefettura di Brescia guidata da Maria Rosaria Laganà individua l'ex caserma «Maggiore Giovanni Randaccio», oggi abbandonata, per ospitare lì i profughi sbarcati a Lampedusa e dirottati al centro di smistamento di Bresso, alle porte di Milano. La struttura si trova però nel cuore del quartiere simbolo della movida, alle porte del salotto cittadino e a 800 metri da piazza della Loggia. Troppo, per la sindaca. «Il Carmine dice al Giornale di Brescia - è un quartiere complesso sul quale stiamo già lavorando, ha tante sollecitazioni, a poca distanza è attivo il Progetto strada che incontra la tossicodipendenza: non si può aggiungere altro carico». Ma sono le ragioni a più ampio raggio che ne delineano la visione politica: «Bisogna lavorare per avere un carico ridistributivo su tutto il territorio provinciale. I capoluoghi hanno già un flusso di passaggio il cui trend sarà in aumento dato che le proiezioni sugli sbarchi indicano che la situazione di qui ai prossimi mesi non migliorerà». L'ex caserma è del Demanio e non di proprietà comunale, eppure la decisa opposizione di Castelletti cambia lo scenario nel giro di poche ore. Sarà stata la mancata comunicazione alla fascia tricolore sull'imminente arrivo dei migranti in città, sarà il mutamento genetico-politico, ma per qualche ora i rapporti tra le due istituzioni cittadine sembrano raffreddarsi. Prima il centrosinistra compatto sposa il «niet», poi dopo un faccia a faccia la Prefettura abbandona l'idea della caserma in centro città virando su un tristo capannone industriale abbandonato nella zona industriale a Flero, piccolo centro nell'hinterland bresciano. Nota a margine: anche il sindaco di Flero Pietro Alberti mostra non poche perplessità. «Non ho lo stesso potere contrattuale della collega di Brescia», si limita a dire lui - ma questa è un'altra storia. Così, mentre Castelletti riesce a scongiurare l'arrivo dei profughi a Brescia la sinistra tocca in maniera diversa il nervo scoperto dell'eterna polemica politica col centrodestra: l'accoglienza. E peraltro in un capoluogo dalla grande tradizione che dell'accoglienza fa il proprio vanto.
Qualcuno ha immaginato uno scenario distopico nel quale a Brescia un sindaco di centrodestra avesse preso la stessa decisione: finimondo, babele ideologica, ondata agostana di accuse. Stavolta, invece, solo mugugni e qualche critica sussurrata.
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