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Ma ora per la stampa mondiale "il vero problema è la Germania"

Il Financial Times ridicolizza Schauble, per il Nyt il pericolo è la Merkel. Per tutti i tedeschi sono di troppo

Ma ora per la stampa mondiale "il vero problema è la Germania"

Il «colpo di Stato» delle banche, la germanizzazione dell'Europa, la brutalizzazione della democrazia greca da parte di Berlino? Non c'entrano niente. Questi sono gli slogan anti tedeschi che vanno forte sui social network, ma che invece trovano poca comprensione nella grande stampa economica internazionale. Eppure

Perfino sulle pagine del rigoroso Financial Times emerge qualche capo d'imputazione a carico dei tedeschi. Tra i commentatori che per giorni hanno messo sotto accusa il populismo al potere in Grecia, la scarsa affidabilità di Tsipras, le contraddizioni di Varoufakis, emerge la voglia di processare un altro presunto colpevole: la Germania.

Il Financial Times dedica all'accordo di salvataggio di Atene due commenti. In uno si accusa Berlino di vantarsi di una falsa vittoria, mentre in realtà ha comunque ceduto al terzo salvataggio finanziario della Grecia, sebbene alle sue condizioni. Nell'altro Wolfgang Munchau, noto in Italia anche per le sue puntute critiche a Mario Monti, demolisce l'accordo: «Pensate davvero che un programma di riforme per il quale un governo non ha mandato, che è stato esplicitamente bocciato da un referendum, che è stato imposto forzatamente da un ricatto politico possa funzionare?». E una critica ancor più diretta Munchau la riserva al ministro Schäuble e alla sua idea di una Grexit temporanea: «Nella mia vita ne ho sentite un po' di proposte folli. E questa rientra pienamente nell'elenco».

Ancor più esplicita è la stampa americana. Businessweek fa un'analisi spietata del rapporto tra la Germania e gli altri stati membri dell'Unione: Berlino agisce come un « primus inter pares ». La cancelliera Merkel se lo può permettere perché si trova in una posizione di forza e può manovrare quello che è un potere di veto di fatto sulle decisioni in materia di euro. E secondo la rivista del gruppo Bloomberg, questo accade anche perché nel tempo la Germania ha lavorato per costruire un'Europa funzionale ai propri interessi economici danneggiando, spesso, quelli degli altri Paesi membri. In passato lo stesso magazine era stato ancora più esplicito, sostenendo che gli errori dell'Europa sono caratteristicamente errori tedeschi. «Il tedesco terrore morboso dell'inflazione e delle sue conseguenze ha paralizzato la politica economica europea», aveva scritto nello scorso settembre Clive Crook, aggiungendo sul conto della Germania dell'era Merkel anche il problema ucraino: «Il presuntuoso desiderio di commercio con la Russia e la riluttanza tedesca a usare la forza per confrontarsi con le minacce hanno spuntato le unghie delle politica di sicurezza dell'Ue». Titolo dell'articolo: «Europe has a german problem».

E ieri altrettanto esplicito è stato il New York Times , attraverso un suo editorialista di punta, Roger Cohen, che ha parlato apertamente di «riemergere in Europa della questione Germania».

Nessuno, come fa il nobel Joseph Stiglitz, arriva ad auspicare una Germanexit al posto della Grexit, ma il discorso è chiaro. Per gli osservatori economici che ci tengono alla stabilità dei mercati e dell'Europa, risulta chiaro che il vero problema dell'Unione oggi è la Germania. Cohen ricostruisce con efficacia i tornanti della Storia che hanno condotto alla monca unificazione monetaria europea «concepita - scrive Cohen - con lo scopo di legare l'economia tedesca alle altre economie europee, in realtà ha finito per legare le più deboli economie europee alla Germania». Due altri fattori, secondo l'editorialista, hanno contribuito a riproporre la questione tedesca in Europa, proprio quando sembrava che fosse risolta con l'euro e l'unificazione delle due Germanie: l'indebolimento politico della Francia e la convinzione degli Stati Uniti che il paziente Europa fosse ormai guarito e potesse camminare sulle sue gambe.

Il risultato è un rapido sopravvento della Germania.

Kissinger si lamentava che l'Europa non avesse un numero di telefono: «Ora ce l'ha - scrive Cohen - è quello di Angela Merkel». Ma questo, si chiede, ci chiediamo, è compatibile con la sopravvivenza dell'Unione europea?

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