Anche il voto a Budapest serve per sancire un discrimine e tagliare in due campi contrapposti l'agone politico. Chi esulta per la vittoria di Orbán e chi, invece, cerca di negare legittimità all'esito di un voto che consegna per la quarta volta consecutiva l'Ungheria nelle mani del leader di Fidesz, il partito ultraconservatore magiaro che è uscito un anno fa dal Partito popolare europeo.
Il più veloce a congratularsi con Orbán è stato ovviamente Vladimir Putin che ha bisogno più che mai di sponde europee. Il capo del Cremlino auspica anche un rafforzamento dei rapporti bilaterali tra i due Stati.
A seguire, il leader di Fidesz incassa i complimenti del primo ministro cinese Li Keqiang, che oltre a congratularsi col suo omologo esprime l'intenzione di «lavorare con Budapest al rafforzamento della fiducia reciproca». Dall'altro campo, invece, fa rumore il silenzio delle istituzioni europee, mentre è lo stesso Orban a mettere nella schiera dei suoi avversari il presidente ucraino Volodymyr Zelensky («mi ha fatto campagna elettorale contro, al pari dei media internazionali e delle istituzioni di Bruxelles»). Il presidente ucraino però evita di commentare il quarto successo consecutivo di Fidesz e affida al suo staff un lapidario: «Zelensky è impegnato in questioni più urgenti». E nello stesso comunicato ricorda che proprio la resistenza ucraina sta impedendo alla Russia di invadere l'Europa orientale, Ungheria compresa. La domanda che da Parigi a Washington tutti si fanno è quanto questa vittoria possa influire sui rapporti (già difficili) con la Ue. Lo spazio di manovra finanziaria di Orbán è molto limitato e l'Ungheria non ha ancora ricevuto i fondi del Pnrr. Per non dire dei sempre più complicati rapporti con l'ex alleato polacco, rapporti incrinati proprio dal diverso atteggiamento nei confronti di Putin per quanto riguarda la crisi ucraina.
La nuova vittoria di Orbán spacca anche il mondo politico italiano. Matteo Salvini è stato il primo a complimentarsi con l'amico Viktor. E sui social Calenda, tutto il Pd e i grillini non hanno esitato un attimo a sottolineare ironicamente proprio la tempestività del leader leghista, associandola a quella del presidente russo nel felicitarsi del successo di Orbán. La sua vittoria, poi, ricompatta il fronte sovranista del centrodestra. Anche la Meloni, infatti, parla di una «straordinaria vittoria» e aggiunge: «Per anni hanno attaccato Orbán. E lo hanno attaccato per le sue politiche a difesa dei confini e della famiglia, ma l'Ungheria è membro della Nato e dell'Ue e sta rispettando gli altri impegni assunti». Nelle file di Forza Italia, poi, si registra la singolare presa di posizione del deputato Matteo Dall'Osso che si congratula con il presidente magiaro e lo indica come potenziale mediatore per la guerra russo-ucraina, ricordando la sua posizione «morbida» sulle sanzioni a Mosca.
Il fronte italiano, poi, è spaccato anche sull'esito dei quattro referendum sulla legge contro la comunità lgbt che fanno da contraltare alla vittoria della maggioranza di Orbán.
Il piddino Alessandro Zan sottolinea la sconfitta del presidente ungherese, «netto segnale a sostegno dell'Europa dei diritti». Dall'altra parte c'è Simone Pillon. Il senatore leghista su Twitter plaude alla vittoria di Orbán dovuta a suo dire alla «difesa della vita umana, della famiglia e dei giovani dagli attacchi mortiferi della sinistra».
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