Orban & C. contro Merkel «No alle quote obbligatorie»

Ungheria, Polonia, Cechia e Slovacchia chiedono di rivedere i trattati: rivogliono la loro sovranità

Roberto Fabbri

Un vertice per rilanciare l'ideale europeo, con tanto di road map per rafforzare l'Unione. È l'intenzione dichiarata dalla coppia direttoriale tedesco-francese Merkel-Hollande, oltre che da un Renzi sempre più sintonizzato con Berlino sulle questioni dell'immigrazione, per il summit che si apre oggi a Bratislava. Il primo «a 27» post-Brexit, essendosi il ventottesimo Paese membro - il Regno Unito - defilato appunto via referendum.

Un vertice, quello che si tiene nella capitale della Slovacchia detentrice della presidenza di turno dell'Unione, che si vorrebbe informale, ovvero tranquillo e leggero. Ma non sono certo questi tempi per riunioni europee all'insegna della serenità. Soprattutto perché la straordinaria pressione migratoria ai confini meridionali dell'Ue provoca tensioni sociali e politiche, che si concretano in fratture tra Paesi solo nominalmente coesi e concordi.

Ecco dunque che a Bratislava si manifesterà oggi un'opposizione esplicita alla visione eurocentrica dei «Paesi forti». Sarà il cosiddetto «gruppo di Visegrad» (composto da Polonia, Ungheria, Cechia e Slovacchia) a proporre una revisione dei trattati europei con l'obiettivo di restituire sovranità ai governi dei singoli Stati. I quattro Paesi centro-orientali sono consapevoli di non poter trovare una maggioranza sul loro progetto, ma lanciano il sasso per far scoppiare il caso: vogliono che sia chiaro che non accetteranno di subire passivamente l'imposizione di Bruxelles - fortemente sostenuta dalla Germania e dai suoi alleati, oltre che dal governo italiano - di accogliere nei loro territori quote obbligatorie di immigrati.

Angela Merkel insiste affinché gli europei si assumano sul tema «una responsabilità comune» e minaccia sanzioni contro chi non l'accetta. Ma i quattro ribelli, che hanno trovato la loro guida di fatto nel battagliero leader ungherese Viktor Orbàn, insistono su una linea del tutto opposta: sostengono che l'Europa unita non ha il diritto di obbligare i singoli Stati ad adottare politiche di «accoglienza» che i loro popoli respingono. Affermano anzi il diritto a «proteggersi dall'invasione» anche con barriere fisiche, come ha fatto e sta facendo la stessa Ungheria. A Bratislava proporranno dunque coerentemente misure a sostegno della Bulgaria, che pure sta erigendo muri ai confini con la Turchia per tener lontani i migranti.

Il capo di gabinetto di Orbàn, Janos Lazar, ha detto chiaro e tondo che «il futuro dell'Europa sarà deciso sul confine bulgaro-turco».

Pochi giorni fa, il premier lussemburghese Jean Asselborn aveva chiesto la cacciata dell'Ungheria dall'Europa unita, accusandola di tradimento dei valori europei. Nulla di questo accadrà, ma è certo che a Bratislava il pensiero unico europeo riceverà un colpo in nome di valori che di questi tempi godono di assai poco rispetto.

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